martedì 6 novembre 2007

Terence Scully, L'arte della cucina nel medioevo e la storia della parmigiana



Tacuinum Sanitatis, fine XIV secolo, Italia. Il fritto.

Terence Scully, L'arte della cucina nel Medioevo. Un libro trovato anni fa, in quell'antro di Venezia che vende libri scontati non banali e si affaccia con una vetrina in calle della Mandola, per poi svilupparsi in una calletta laterale entro una caverna con stalattiti e stalagmiti libresche, tra i cui esigui spazi si insinuano amanti di libri sperduti, perduti ed esauriti, per chiedere all'orso stanziale di ritrovarli con infallibile bussola in quel labirinto.

Torniamo a Scully. Propongo – l’ho trovata in quel libro - la storia della parmigiana. Il tomo in cui l'ho letta è ora sotto il mio naso, odoroso di salmastro e sconcertato di trovarsi a Roma, pronto a dirci parecchie cose su torte, pasticci, strati sovrapposti di cibi, mescolanze - sempre - di dolce e salato.

Una premessa

Prima decidiamo una data. Siamo nel Medioevo - parola del xv secolo - di che si parla? Dell'infinito arco di tempo che va dal 476 al 1492? Oppure diamo retta a Jaques Le Goff : "...propongo un lungo, lunghissimo Medioevo, le cui strutture fondamentali evolvono solo con grande lentezza dal secolo III fino alla metà del XIX. Allora la rivoluzione industriale, l'egemonia europea, la vera crescita della democrazia (di cui la città antica non era che una ben misera prefigurazione) fanno nascere un mondo veramente nuovo, nonostante la discontinuità di certi retaggi e la permanenza di certe tradizioni.".

Suggestivo, Le Goff. Scully sceglie un periodo più immaginabile: i duecento anni che precedono la scoperta dell'America. In quel periodo ci sono documenti scritti, e Scully è un professore di letteratura francese di una Università dell'Ontario, che ha spulciato archivi.

Terence Scully fa riferimento ai secoli nei quali trova la documentazione adatta al suo metodo: testi scritti, raccolte di ricette. I più antichi manoscritti sono della fine del 1200, poi la produzione comincia a infittirsi. I più importanti appartengono alla più alta nobiltà: le corti reali inglese e francese, la corte del vescovo di Wurzburg, quella dei duchi di Savoia. E' una cucina professionale molto complessa, tecnicamente e simbolicamente; usa ingredienti esotici, costosi, di ampia varietà.

Tuttavia, nonostante la scarna documentazione di ciò che mangiavano le "classi basse" - cereali, verdure, e una quantità variabile del tipo di carne più frequente nella zona - pare che non ci fosse una vera e propria frattura tra queste e l'aristocrazia. Molti piatti "bassi" riecheggiano le preparazioni più semplici della cucina "alta", che si arricchiva soprattutto di pasticci e carni arrostite e fritte.

Sotto il profilo simbolico, sappiate (questo ce lo dice BNF) che ciò che è basso è per i bassi, ciò che è alto, per gli alti; le radici e i bulbi, per esempio, sono molto bassi in quanto sotterranei. Un nobile non mangia porri. Mangia uccelli, che volano in alto.

Teniamo poi presente che ciò che si deduce da tutto il libro, che per altro non dedica che poche e marginali righe al tema, è che la "bassa" cucina è quella delle donne, l' "alta" quella dei cuochi uomini. Come documentarsi sul mestiere di cuoco? Scarsa è la documentazione coeva sulle corporazioni dei cuochi; l'A. non sa darci una convincente ipotesi sul perché. Comunque, pare fosse mestiere poco remunerativo, a meno di non essere assunti in una grande casa. E che lo specifico del cuoco fosse il saper trattare carni. Ma donne cuoco, ce n'erano? Pare proprio di no. Nessun nome femminile compare tra i grandi professionisti che stilano manuali o esercitano presso le corti. Spesso le donne erano ammesse nelle corporazioni almeno in qualità di vedove, per continuare l'attività del marito, ma alcuni documenti lasciano supporre che il mestiere di cuoco fosse loro interdetto. Alcuni dicono che solo il figlio maschio poteva ereditare il mestiere del padre Mastro cuoco.

Veniamo alla parmigiana.

Stando a Scully, sconfermo che ci sia una versione doc della parmigiana (quanto appassiona l'ortodossia dei piatti “tradizionali” e com’è divertente scoprire che non esiste), e che si possa accapigliarsi sulle origini regionali: non è neppure italiana. Il nome parmigiana indicava un'ampia famiglia di torte, per lo più in crosta di pasta, farcite con strati di fritti, sia di pesce che di carne. Meno importanti le verdure, considerate cibo povero. Si tratta di un tipo di torta medioevale, probabilmente il più ricco, caratterizzato da strati di cibo vario e fritto. L'Autore non ha trovato indizi sull'origine del piatto, ampiamente diffuso in tutta Europa, come d'uso nella cucina di corte, internazionale.

Acquisita la notizia, faccio parmigiane di tutti i tipi: con anguilla e porri, con salmone e sedano rapa.

Non c'è notizia di come tale piatto sopravviva in Italia, caratterizzato dalle melanzane. Ci saranno di mezzo gli arabi e la cultura islamica. Senza di loro, niente melanzane. Guardando la distribuzione geografica, in Italia, delle melanzane, si vedono le zone dove sono passati. Quindi è un piatto prima medioevale, poi islamico, infine italiano.

Capatti e Montanari scrivono una nota interessante sulla parmesana, anche per loro una torta a più strati, fatta di tutto, ma proprio di tutto, tranne che di melanzane; il nome forse deriva da parma=scudo; arriverebbe dalla cucina mesopotamica (!) attraverso gli arabi.

Sull'origine mussulmana delle melanzane in territorio italiano, si veda Italia a tavola, di Massimo Alberini e Giorgio Mistretta. Un piccolo libro interessante per ricchezza di notizie storiche e ampia evocazione ragionata di piatti di tutta Italia; credo sia oggi introvabile. Ci dice dei rapporti tra melanzana e mondo arabo-mussulmano, dimostrati dall'area geografica di diffusione nella storia, quindi dei rapporti tra il nostro meridione, il nord Africa e la Mesopotamia. Dice anche che la cucina ebraica, per i noti rapporti tra mussulmani ed ebrei, ha ricette di melanzane.
Come "campioni" della melanzana, in Italia, il testo indica parmigiana e caponata, e assegna la prima al meridione tutto senza prevalenza di nessuna regione, la seconda, come sappiamo, soprattutto alla Sicilia. Sull'apporto islamico alla parmigiana di oggi l'ipotesi è mia. Dopo queste premesse, non è creativa.

Terence Scully L'arte della cucina nel Medioevo. Storia, ricette e personaggi dell'epoca favolosa della tavola, Piemme, Casale Monferrato, 1997. The Art of Cookery in The Middle Ages, Boydell Press, Woodbridge, 1995.

Massimo Alberini e Giorgio Mistretta Italia a tavola. Guida gastronomica. Touring Club Italiano, Milano 1984.

Jaques Le Goff L'immaginario medioevale, Laterza, Bari 2003 (prima ed. 1998) L'imaginaire médiéval, Gallimard 1985



Capatti A. & Montanari M. (2005) La cucina italiana. Storia di una cultura. Laterza

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