domenica 25 gennaio 2009

Zuppa di anguilla con cipolline e prezzemolo


Da Mentuccia.

Brodo di anguilla del farmacista

Mettere a bollire dell’acqua con molte cipolline fresche e molto prezzemolo tritati.
Quando bolle si gettano dentro le anguille a rocchetti e si aggiungono sale, pepe appena macinato e olio. Quando le anguille sono cotte (10') si tolgono.
Si rende il brodo più denso con un po’ di farina.
Si serve sul pane casereccio abbrustolito.

Il brodo di anguilla era una specialità del farmacista di Arpino, una piccola cittadina collinosa del Basso Lazio. Il farmacista e il notaio andavano a caccia insieme e abitavano in case vicine. Vecchie case dalle molte stanze e scale, appoggiate una accanto all’altra sul pendio di Arpino. Quando nevicava, la giovane moglie di farmacista e la figlia di notaio, mia madre, si tiravano le palle di neve dalla finestra raccogliendo la neve dal tetto. Notaio e farmacista si scambiavano inviti, le mogli cucinavano e tiravano fuori dalle vetrine piatti bianchi col giro d’oro. Si mangiava in sale da pranzo con soffitti dipinti con ninfe danzanti, non mancava mai che nel vicolo risuonasse il suono di un pianoforte di qualcuno che lo stava imparando e molti gatti erano previsti tra tetto e vicinanze della tavola, ciascuno con il suo nome, e rispettato membro della famiglia.

Anche gli uomini si provavano in cucina. Nel retrobottega del farmacista, dalla porta sempre chiusa ai curiosi, ce n’era una, luogo ambito dai ragazzini esclusi e sede di chiacchiere maschili e prove culinarie su fornelli segreti (ricordo di mio fratello, uno dei ragazzini). La farmacia era ancora luogo di speziale, odorosa di medicine pestate nel mortaio e piena di barattoli anche troppo allarmanti: meglio non sapere ciò che galleggiava in mostra scientifica in certi vasi di vetro esposti nel ripiano più alto. Gli uomini cucinavano anche in casa se si aprivano situazioni eccezionali ed eccentriche. In tempo di guerra, a Pasqua, il notaio fece un agnello ripieno di pasticcio di maccheroni. Usò un riattivato forno del pane che stava, dimenticato da anni, in un anfratto della soffitta (quelle case  erano labirintiche e imprevedibili). Un piatto così satrapico in tempo di guerra? Privilegio della campagna. In compenso, niente verdure.

Del farmacista, decantato come raffinatissimo buongustaio, si tramandano pretese: immaginava piatti a occhi aperti e chiedeva perentoriamente alla moglie di realizzarli. In questa storia ci sono molti occhi azzurri e celesti. Lei li aveva azzurri e lamentosi e si chiamava Celeste, lui di un gelido celeste, brillanti in una faccia da gufo bianco e liscio. Una volta, “andò a Parigi” e mangiò speciali lumache annotando ogni ingrediente per guidare la moglie nella esatta riproduzione. Molte volte quella cucinò lumache. Secondo mia madre Aida, che ama poco cucinare, amica del cuore di Celeste, lui era irritante e lei "poveretta". Comunque, Celeste passava parecchio tempo in cucina, e nonostante l'aria da vittima sospetto amasse starci. Se la cucina la si immagina come quella di mia nonna, la madre di Aida, aveva tecnologie ultimo grido. Banchi di muratura ricoperti di scintillanti piastrelle bianche facevano posto a file di fornelli a carbone regolabili (la bocca del fornello era rotonda, e un sistema di guarnizioni di ferro concentriche permetteva di ampliarla o diminuirla a seconda dello scopo), e un camino rialzato ad altezza di lavoro comodo, con grande paiolo di rame. Se invece si volesse immaginare meglio Celeste, si sappia che arrivò ad Arpino, sposa del farmacista, a diciannove anni; che era bella, bruna, cicciotta come si doveva essere, con la pelle chiara delle brune quando hanno la pelle chiara, e i già ricordati occhi azzurri un po’ da vittima. Arpino, ex regno di Napoli, è tra colline con olivi e ha vicino il Fibreno, una volta pieno di gamberi; le sue glorie sono Cicerone e Caio Mario, oltre che Giuseppe Cesari, detto il Cavalier D'Arpino. Mia madre è fiera di tali ascendenze.

Zuppa di anguilla con cipolline e prezzemolo di Artemisia

Quello delle foto. Le quantità? Possono variare. La quantità di anguilla farà di questo brodo un brodo leggero o un piatto sostanzioso. Sarà in ogni caso soave, e sconfermerà che l'anguilla è un pesce troppo grasso per il brodo. Con un chilo di anguilla assai viva, un mazzo di cipolline, un mazzo di prezzemolo, sei fette di pane, si fa un brodo per sei.

Mettere a bollire dell’acqua con gambi di prezzemolo, chicchi di pepe, gambi di cipollina fresca, sale.

Quando bolle buttarci dentro l’anguilla e lasciarla sobbollire per 20’.

Cavarla fuori, spellarla, spinarla, ricavarne le polpine.

Filtrare il brodo, ributtarci dentro la polpa di anguilla.

Tagliare a rondelle delle cipolline fresche, triturare delle foglie di prezzemolo.

Buttare nel brodo e far sobbollire ancora cinque minuti.

Tostare delle fette di pane casereccio, metterle nelle scodelle, versarvi il brodo d’anguilla, farvi un giro di pepe nero appena macinato e un giro d’olio d’oliva leggero possibilmente verde e fruttato.









2 commenti:

Cuoche dell'altro mondo ha detto...

L'anguilla a casa nostra è sempre stata off limits, a mia madre faceva impressione. Solo a Natale c'era il compromesso del capitone per mio padre ... che però a me non piaceva proprio.
Sarei invece curiosa di provare l'anguilla nelle tue preparazioni, soprattutto arrosto.

Buona settimana
Alex

artemisia comina ha detto...

ciao alex, ben venuta :)

io invece amo assai l'anguilla, in vari modi; ha una dolcezza fondente particolare. sto per pubblicare un po' di modi di cucinarla. è buona anche semplicemente fritta. il pescivendolo mi dice che al tempo di suo padre a Roma era popolarissima, oggi è in gran disuso.

il capitone non è molto diverso, è solo più polputo. come lo cucinavate? in AAA ho messo tempo fa una ricetta napoletana, che lo unisce a molto limone e che mi pare buona.

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