sabato 20 settembre 2014

Palermo. Oratorio di Santa Cita. Ceiba speciosa.







Passeggiare per Palermo significa incontrare piante – lo dico con ammirazione – bestiali. La loro vitalità è così turgida che ti aspetti che si muovano, che dicano qualcosa, facciano versi, ruggiscano. Piante mai viste. Come la ceiba speciosa che cresce nel piccolo cortile rinascimentale dell’Oratorio di Santa Cita, moltiplicando le colonne di pietra con il suo tronco leggermente gonfio, pieno di mirabili spine disposte  come gemme che lo costellino, di un bellissimo mescolarsi di verdi intensi percorsi da lacrime verde acido. L’imbarazzo è che attira la mano, che sa che sarà lacerata ma tende a quel cuscino di tortura. Molti, lanciata un’occhiata al tronco, puntano l’attenzione sui bellissimi fiori in tutti i toni del rosa – ne ho visti altrove quasi color mattone con cuore giallo ocra -  che dicono simili a orchidee e che l’albero fa a profusione in estate; sono magnifici, certo, ma il fascino che su di me esercita il tronco è molto più alto e l'occhio torna alla bellezza liscia delle spine di cioccolato, alle macchie tonde delle chissaperché cadute, all'affratellarsi, al quasi ammucchiarsi, al mettersi in fila, al mirabilmente disporsi delle vive sul tessuto del tronco, fatto di anelli di grinze orizzontali e pianti verticali di colore.  

Scopro che il genere ceiba fu sacro ai Maia, che lo rappresentarono come albero che metteva in rapporto oltretomba, terra e cielo, che un imperatore azteco ci fu impiccato da quel criminale di Cortes, che con infusi di ceiba si hanno visioni sciamaniche in Amazzonia e nelle Ande, che in America Latina si chiama l’albero ubriaco perché immagazzina acqua nel suo tronco a bottiglia, che la lanosità dei suoi frutti imbottisce cuscini.  









1 commento:

isolina ha detto...

Ma che arcana creatura. Non posso pensare che non sia una creatura. Incontrarla deve essere magico. E da quanto sarà lì? Voglia di partire subito per andare a trovarla

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