giovedì 30 giugno 2016

Tutti i menu di Giugno di AAA

 
Giugno 2023. Laboratorio di Micragne


Turbata dal fatto che sembra non bastare la descrizione per comunicare come vada fatta la Vera Micragna, schiacciata, schiacciatissima, croccante, ho proposto un Laboratorio. Sono arrivate allievi con farce, io ho messo a disposizione cucina, forno, farina. Vennero perfette, ne mangiammo tre diverse: con carciofi alla romana, con scarola, con melanzane a funghetto. Qua e là si aggiunsero alla farcia formaggi molli. Dò come riferimento Torte salate. Micragne. Le Micragne sono focacce sottili, croccanti, con un minimo di farcia. Tale minimo può essere cucinato ad hoc, ma forse la morte sua - della farcia della Micragna - è l'avanzo. Ne basta una ciotolina. La farcia va disseminata a fiocchi, mucchietti, con ampi spazi tra gli uni e gli altri. Poi quando si mette il sottilissimo coperchio - la pasta deve essere sottilissima - le mani schiacciano e rischiacciano, e la farcia, che deve essere sapida, si spande sottile sottile anch'essa. Olio d'oliva nella teglia e sopra è invece non micragnoso, e contribuisce in modo determinate alla croccantezza - forno al massimo, dieci minuti - quando la micragna viene tagliata, la fetta è rigida. Si fa con questa pasta matta: 200g di farina00, 2 cucchiai di olio d’oliva extravergine, acqua. Questa quantità deve bastare per foderare una teglia rettangolare da forno, di quelle grandi, che occupano tutto il vano, e per fare adeguato coperchio. Menu: Micragna con carciofi; Micragna con scarola; Micragna con melanzane a funghetto; Vellutata di pomodoro tanzaniana con spezie e latte di cocco; Gelato

***

Giugno 2019. Saluti prima di svanire nell'estate
 

Tutto freddo, tranne due fritti e una focaccia. Sul tavolo: Vellutata fredda di rape rosse e wasabi; Terrina di tonno all'aioli (su quest'ultimo mi adopero perchè non sia ricordo indelebile); Ricotta di pecora (quanto mi piace il bianco torreggiare di una ricotta intera, intonsa, intatta, fresca com'era fresca questa); Mozzarella di bufala affumicata; Panelle portate da Cecilia, sempre apprezzatissime, ma le stelle del convito furono certi magnifici Pomodori verdi fritti (fatti da Cecilia, che li dice molto calabri: come i contadini recuperavano pomodori non giunti a maturazione); Polsonetta porta Pomodorini in insalata (la benedizione dell'estate); in conclusione Visneli ekmek tatlisi. Dolce di ciliegie (una sorta di zuppa turca).

*** 

Giugno 2019. Facimmo ammuina
 

Precipitiamo nella cucina di sotto, dove ci sono 22 gradi; stretti ma felici (abbastanza). Numerosi, chiaccheranti, prendiamo le misure del lavoro fatto nella passata stagione e oscilliamo sull'orlo dell'estate, che tutto liquefa: ci buttiamo o no? Sul tavolo: Vellutata di peperoni allo zenzero (la moltiplico per molti, ed eludo la dadolata di pomodori che rallegrò le coppette per due, l'ammuina proibisce delicate bellurie); Sformato di spinaci e piselli (questa volta lo servo tiepido, con un'insalata dentro e le sante erbette del terrazzo, ancora vive);  Pomaurea porta una Teglia di pizze assortite (ci rivela che sotto casa abbiamo una pizzeria degna); Pane di Le Levain; metto sul tavolo anche un Mammellone di mozzarella di bufala da un chilo; infine, una Crostata resuscitata alle pere e cioccolato con mirtilli e lamponi.

***

Giugno 2019. Il bianco e blu concilia le chiacchere
 

Tre giovani, una signora, due vecchietti. Le belle mescolanze di casa nostra, per cui si chiacchiera tra generazioni come se nulla fosse, con elargizioni di saggezza spero moderate da parte di quelli che si prestano a fare la parte degli Anziani. Questi ultimi fortunatamente versano anche Champagne e cucinano terrine. Quindi: Vellutata fredda di avocado; Terrina di pesce, rape rosse e wasabi (è la prima volta che la provo, piccoli timori e tremori, prevale la curiosità, riesce, mi riprometto migliorie e in effetti dopo poco replico); Focaccia; Insalata di papaya (magnifica, apprendo da un'ospite che la fanno in Ruanda quando si hanno problemi che noi risolviamo con le prugne); Tatin di albicocche; Dolce di Le Levain (portato dai tre).

***

Giugno 2019. Qualcuno commissiona un disegno ad Arte'
 

E una sera viene a prenderselo. Lo vuole per una copertina di un libro. Arte' si dimentica di scanerizzarlo, addio, è partito! Due fratelli dilettanti, a tarda età si divertono. Fa bene alla salute, si sa. Gelsomino spande profumi come una fattucchiera; più segreto, in un angolo, fiorisce un sorprendente mirto; la casa è avvolta di foglie e fiori, è un momento di gloria, in attesa che l'ardente sole faccia giustizia sommaria. Menu: Vellutata di peperoni allo zenzero; Sformato di spinaci e piselli; Pallotte cacio e ova; Torta rovesciata di ciliegie e albicocche.


***

Giugno 2019. Una cena quasi estiva con un nuovo piatto giapponese
 

Non siamo passati invano da Yaki in via di Santa Maria del Pianto: ecco un indispensabile piatto nuovo. Futto della perfezione giapponese. Menu: Vellutata di peperoni e cozze, rifatta dopo anni, che iniziò con una crisi di nervi e poi riuscì meglio che mai con una novità acquisita anche per le prossime edizioni, crostini di cozze e 'nduja; Riso nero al vapore, carciofi e asparagi al forno, calamari in padella: un piatto ottimo rifatto una volta tanto dopo poco tempo dalla sua nascita; Terrina di salmone al limone, in attesa di essere provata da tempo, convincente e fresca; Insalata di fiori, portata da Polsonetta che arrivava da Capalbio dove i vicini coltivano un orto alla Filemone e Bauci e lei ha rose bellissime; un par di Formaggi di capra che stavo per dimenticare sulla credenza, se non che un profumo intensissimo mi svegliò dall'incanto e poggiati in tavola furono preda di un'attrazione che il pasto pareva ricominciato; c'era pure una Torta di cioccolato, zenzero, arancia, finalmente riuscita dopo vari tentativi, ma fu sospinta nell'ombra della dispensa da un ottimo Semifreddo al pistacchio portato dagli ospiti.

***

Giugno 2018. Quattro amici e pretesti per vedersi
 

Di pretesti ne troviamo di importanti, necessari, da sbrigare solertemente. Così fu anche per questa cena tutta fredda, con una crema di vedura-frutta, un vitel tonné ri-provato in versione carne lessa invece che brasata, e un cremoso frullato finale di gelato-albiocche. Dunque: Vellutata di mango, cetriolo, zenzero (non la commemoro: nonostante zenzero e paprika, fu piacevole ma restò scioccherella); Vitel tonné; Pane stellare uzbekiggiante (continuo a divertirmi nel farmi uzbeka devota ai pani); Pomodorini spaccati (approfittiamone, è il tempo loro, non c'è nemmeno bisogno di condirli); Frullato di albicocche caramellate e gelato gianduia (anche alle albicocche sono del tutto devota).
 
***

Giugno 2018. Quindici, alla fine di una giornata di lavoro.


Ci risiamo: saremo in quindici, la tavola non può essere nuda, Teo latita ancora, faccio appello alle amiche: Dolcesca arriva piena di pacchi, Polsonetta porta un'insalata degna di lei (uso l'acconcia nuova ciotola immensa, che mi chiedevo quando mai avrei potuto riempire, basta appena); faccio la focaccia con i peperoni, un dolce, un frullato al cioccolato: basta così. Menu: Brioche con caciocavallo e zucchine trifolate, Salsa fresca di pomodoro, Polpettine; Focaccia con peperoni arriminati; Insalata arricchita (con fragoline, yogurt, miele) ; Apricot amber; Frullato di banane, cacao amaro, vaniglia, rum.


***



Torno da Napoli, non posso cucinare, Teo non c'è. Non mi resta che farmi invitare a casa mia: Nunchesto farà un veloce Risotto allo Champagne, Dolcesca cucina lì per lì dei magnifici Tournedos alle erbette che ha preso dal macellaio di fiducia e porta anche la Mousse fredda di carote e patate, Fiammetta ha con sé un vassoio di Docezze di Le Levain (il cocco di tutti gli amanti dei dolci, che per fortuna nostra sta sotto casa). Intrecciamo una fitta conversazione con l'ospite tedesca: il confronto è scottante, nostalgico, emozionante, vero, molto europeo.
 
***

Giugno 2017 . La cena degli auguri e del bel tegame. Con le zucchine bastarde (né scapece, né concia, né saor, ma un cugino)


Con le zucchine bastarde (né scapece, né concia, né saor, ma un cugino). C'era un compleanno da festeggiare. Mi sembrava divertente riportare all'aperto un bel tegame di coccio ormai praticamente di antiquariato, ed esibirlo insieme alla porcellana. Per il contenuto, ho pensato a un classico d'inizio estate, ma ho voluto fare una variante. Quindi non vero scapece, non saor, non concia romana, ma sorella bastarda di tutte. Hanno avuto molto successo, nonostante l'abbondanza delle altre cose in tavola. Eccetto le Zucchine bastarde, tutto fatto dai cari Miller. Carol: Nachos fatti in casa con jalapegnos, cipollotti, salsa di fagioli refritos, salsa di formaggio; Fagioli neri con a latere altra salsa di formaggio, panna acida e salsa pico de gallo. Jeff: un Costoleccio in barbecue cotto per 5 ore con frequenti spenellate di una salsa di aceto, zucchero, cipolle (tutto opera sua). Non griglia, ma vera barbecue. 5 ore di lenta cottura e affumicatura, spenellamenti ripetuti con la salsina ad hoc, un capolavoro. Una bontà divina. Ancora Jeff fa una delle torte migliori del mondo, cioè la Pecan pie. Si è bevuto Champagne, poi abbondanti Margaritas al mezcal, quindi vini...

***

Giugno 2017. Frittata con lo scialle e spuntino.


Da mangiare fredda in una sera estiva, sotto una pergola di uva fragola, con i piedi nudi nell'erba piena di grilli e cioccioline. In mancanza, scegliere altra stagione e altra poesia (e magari mangiarsela calda). Io questa volta avevo un incontro di lavoro con cinque fanciulle; ho accompagnato la Frittata con lo scialle - fresca e bella e gradita - con un Pane stella uzbeko, un Dolce di riciclo alle albicocche e un Frullato di melone, gelato di vaniglia, rum.
 
***
  Giugno 2017. La cena del bianco e del blu
 

Un'amica vuole parlarci - di un caso da sbrogliare, di una rivista con un numero da concludere - la invitiamo a cena; arriva vestita di bianco e di blu; le contingenze come sempre sono guidate dagli astri, è una prova: tutto è bianco e blu. La stanza al piano terra attira porcellane bianche e blu come una calamita: i piatti pakhta uzbeki bianchi e blu (che blu profondo!), le ciotole giapponesi bianche e blu (che blu azzurrino!) sono già da un pezzo tutti insieme stretti stretti nella credenza rossa, certi altri piatti bianchi e blu (come sono francesi!) sono appena scesi qui dal piano di sopra, la zuppiera bianca e blu (piena di fiori di ciliegio) non ha potuto sottrarsi, i piatti norvegesi bianchi e blu (che blu sfumato, profondo, quanto era brava quella ceramista dispersa sul bordo del mare di Norvegia!) erano sul tavolo. E Cecilia che fa? Arriva in bianco e blu! (ma anche con meravigliose ortensie viola, che calano come il piede di Cenerentola nella scarpa in un vaso blu petrolio). Menu superleggero: Salmorejo al pomodoro e basilico, rotonde Panelle (portate da Cecilia, su cui Nunchesto si butta come non ci fosse niente altro in tavola), Ricotta al limone (copio Isolina), Sarde in saor, Frullato di melone e pesche (questa estate è piena di frullati).   

***

Giugno 2017. La Festa della Tartelletta

La faccenda era questa: ho sfidato un gruppo di sessanta persone a una sorta di scommessa impossibile. Fate conto, una cosa del genere: mancano sessanta timbri di sessanta uffici pubblici che avremmo dovuto raccogliere dagli otto anni fa al giorno prima: cercate gli uffici, di cui nel frattempo è spesso cambiato il responsabile se non il medesimo ufficio, convincetelo che si può fare, recuperate il timbro, e fate presto. Un po' come nelle fiabe, quando i fratelli partono con consegne impossibili e poi tornano, vissute inverosimili avventure, dopo un anno, e vincono la mano di principesse varie.  Bene, invece delle principesse promisi alcune tartellette.

Nel momento in cui l'impresa riuscì, e mi trovai con i sessanta timbri, alla gioia si mescolò la perplessità. Mò che faccio? In primo luogo ho risolto la quantità: sei dolci, uno ogni dieci eroi. E che fossero al cucchiaio: che gli eroi non si trovino a tagliare, fare porzioni, incasinare. Ogni dolce può, a cucchiaiate, essere assaggiato da molti. Con frutta di stagione, che è estate. Tutti uguali, che ci vuole un stile, nella forma rotonda e nel diametro. Tutti uguali rotondi e bassi, che li infilerò in stampi di alluminio da infilare a loro volta in contenitori da pizza, che li debbo impilare e portare altrove. I cucchiai furono cinesi, di metallo, a pochi soldi per poter essere abbandonati senza lacrime; perfetti, della forma dei cinesi di porcellana.

Risolto il paradigma, il resto è venuto da sé:
Cajasse quercynoise con le ciliegie, Torta di farina gialla e fragole, Flognarde di albicocche e pistacchi, Torta di cioccolato e amaretti   (sì, una di cioccolato ci voleva), Crumble di fragole e mandorle. Le tartellette furono accompagnate da birra e panini in una sorta di centro sociale ospitale e simpatico, dove andava di continuo, su uno schermo, la corazzata Potëmkin, mentre sul pavimento correvano diversi bambini nuovi e nuovissimi prodotti dagli eroi nell'arco dei medesimi otto anni in cui si sarebbe dovuta fare la raccolta dei timbri. 

 
***  

Giugno 2017. Dei tirocinanti vengono introdotti all'arte della tavola d'antan 

Ci siamo sovraccaricati di impegni: allora, ogni tanto, di un incontro di lavoro facciamo una cena: cerchiamo di essere più contenti, di restare con parvenza di civiltà, e intanto sollecitiamo l'arte conviviale. Insomma, ci si arrangia.  Questa volta c'era anche una consistente manciata di giovani, oltre a noi vetusti; non è detto fossero da introdurre, ma certo abbiamo proposto loro una situazione vecchio stile, d'antan, dove arte della tavola vuol dire sedersi a tavola. Loro, dediti agli aperitivi in piedi, ricorderanno con i nipotini: Una volta fui invitato... Menu: Arancine al burro; Timballo di fusilli al ragù di polpo; Pie di rombo, porcini e guanciale; Frullato di pere, gelato al cioccolato, zenzero, cannella; Dolcetti assortiti di Le Levain (dono dei suddetti giovani, e testimonianza che la formazione funziona). Post scriptum: quando si esce da casa nostra, si esce in gruppo, e il gruppo si ferma a lungo a chiacchierare nel vicolo: è una costante (li cacciamo via troppo presto?). Ogni tanto dalle finestre buttiamo loro un saluto, un telefonino dimenticato.

***

Giugno. Una cena per quattro cavalieri


Incarichiamo quattro giovani cavalieri (dei due sessi) di portare a buon esito un seminario. Li incoraggiamo con: Penne di Gragnano con ragù di polpo (continuiamo a sperimantarlo, era squisitissimo così), Polenta pasticciata alla Cellini, Torta di zucchine e riso ligure avvolta in più sfoglie, Modesta di ciliegie tiepida (calda è ancor meglio! l'avanzuccio, scaldato al micronde il giorno dopo, era squisito...non farsi impressionare dall'estate. ), Gelato alla vaniglia. La stanza al primo piano in cui ci rifugiamo nel calor per la sua ombrosità riposta, invita a furoreggiare in colori: la poltrona con la stoffa di Joseph Frank, quella rossa da giudice (ci hanno detto: non vedete com'è alta? è da giudice! e noi abbiamo abboccato), i mobili cinesi pure rossi, sono tutta un'incitazione a delinquere. Le porcellane uzbeke, con i fiori del cotone di un meraviglioso bianco e blu, oramai hanno casa nel mobile cinese e ci mettono un attimo a saltare in tavola, i kanga tanzaniani sono nell'armadio prossimo e anche loro ci volano subito su, i vecchi bicchieri messicani, richiamati dalla pensione, vengono schierati con le loro aperture larghe, adatte a far colare la fresca acqua estiva ai lati della bocca, come fossimo baccanti sobrie (non che Nunchesto abbia messo di mescere vini); si aggiungono posate veronesi le cui forchette sembrano strappate ai Tritoni, adatte a infilzare per uccidere più che per nutrire, ma in ogni caso le ospitiamo volentieri. 


***

Giugno 2017. Spuntino seminariale e rigatoni al pomodoro


Giugno 2017. Spuntino seminariale e Rigatoni al pomodoro. Ode ai rigatoni - certo, ottimi, Gragnano - con un semplice sugo di pomodoro - aglio olio d'oliva, peperoncino, passata Mutti, parmigiano. Essì, tanto buoni. Perché agitarsi a fare questo e quello? Ci aggiungemmo del Pollo allo zenzero e arancia, una Frittata con pomodorini, Prosciutto e melone: Viva l'Italia.

***

Giugno 2016. Voglia di Argentario


Le case ospitali sono vive. Rifugiatevi, chiudete la porta, fatevi la tana, vi capisco; ma le case vive, vivaci, sono quelle che disegnano perimetri di vita sempre nuovi per gruppi di amici; amici, che siano famiglia, o no. La storia della convivialità dice che la moderna - nel Settecento - nasce con gli amici per condividere e chiacchierare, non nella famiglia che celebra l'appartenenza. Preludio al dire: la casa di Dolcesca e Marco è viva, e ci siamo tornati. Quella dell'Argentario. In mezzo al bosco, sul monte. Gli alberi cresciuti hanno nascosto il mare, ma intanto il loro bosco - quello intorno alla casa - ora si può attraversare; ci sono sentieri, la sorgente è stata liberata. Riemergono le vecchie macere che ancora qualcuno, lì, sa resturare, e che una volta delineavano terrazze coltivate. Fanno giri avvolgenti e armonici di belle pietre tra un albero e un altro, anche quelli resuscitati a nuova vita dopo aver strisciato e allungato il collo entro una selva che solo i cinghiali sapevano percorrere. Sono rispuntate delle marasche, un nocciolo, un fico che non si sa se fa frutti selvatici o no. C'è un nuovo grosso gatto affettuso, Tonton, figlio di Jojo, mentre la scontrosa Mimì è sempre lì a guardar storto e scappar via. E c'è una veranda nuova, una vera stanza senza pareti, anzi con pareti di bambù che si avvolgono e filtrano la luce come un ricamo; c'è una cucina in muratura, un grande tavolo, un divano. Marco ricrea ancora una volta l'Oriente con la sua sapienza e conoscenza di quello; le sue stanze dove non si sa se sei dentro o sei fuori, e a un passo, dopo una cortina di bambù - vivi, questa volta - c'è il bosco e le tracce dei cinghiali in quotidiana visita. Ci danno una stanza fresca, con cortine di bianco cotone leggero, un bagno pieno di conchiglie e di pietra sempre bagnata, come fosse fontana di giardino: la casa è amata. Qualche giro ci ricorda che siamo in terra di vino - visitiamo una cantina disegnata da Renzo Piano, tutta segni rossi e verdi, come un castello nella campagna -  sfioriamo tombe etrusche (che sempre parlano fitto). Menu: Guacamole, Albicocche e fichi farciti come l'estate vuole, Pizza di patate, peperoni ed erbette, Agnello brodettato, Crema di piselli, Torta ad anelli con cioccolato, acqua di fiori d'arancio e scialle di glassa, Gelato di crema.

***

Giugno 2016. Invitiamo i libri a cena


Un po' li invitiamo per davvero, questi libri: li lascio sul tavolo, scansati a far posto ai piatti, come quando questo nero tavolo quadrato lo avevamo appena comprato. Felici di aver mutato il tondo che avrebbe dovuto starsene chiuso e zitto in un lato della stanza ed era invece sempre in movimento inaffidabile e traballante sulle sue piccole ruote inglesi, con il quadrato, stabile, grande; sul quale appoggiare, appunto, libri. Quelli che si leggono, o che ci si illude di leggere presto. Un po' li invitiamo metaforicamente: prepariamo un seminario sulla letteratura psicoanalitica, chiedendoci se e come recuperare quella che si sia occupata di cosa accade nel mondo, e non pare cosa semplice. Siamo in tre. Menu: Terrina di scorfano e gamberoni accompagnata da un'emulsione di yogurt e cetrioli e dadolata di cetrioli; Chupe de camarones, zuppa di gamberi peruviana, ciotole piccole con un gamberone sul fondo; Pomodorini di tutti i colori da ficcare in bocca tal quali; Insalata di polpo e sedano; Torta di ciliegie con miele e farina integrale. Champagne, Sauvignon, freschi vini bianchi.

***


 
Non so come, la mente di Nuchesto vagava nostalgica verso la Norvegia, ricordando l'agitazione languida di certe caprette i cui musi, sporgenti dalla parete di legno di una fattoria come trofei viventi, la testa infilata in un foro, ci fece fare il giro e scoprire che venivano munte mentre erano così bloccate.  Eravamo usciti a metà del tunnel più lungo del mondo per precipitare lungo una valle che stringendosi sempre più sarebbe arrivata al  Sognefiord e al villaggio di Undredal, dove cercavamo la più piccola Stavkirke di Norvegia. Quando eravamo ancora sulle alture, trovammo le capre e i mungitori, e apprendemmo che lì si produceva il formaggio caramellato di cui facevamo deliziate scorpacciate a colazione. Tornando alla mente nostalgica, quella, presto attivandosi, aveva trovato il geitost - un formaggio dolce caramellato a pasta marrone, prodotto con il siero del latte crudo di capra - in vendita su rete e ne aveva ordinato un chilo. Poichè con la compagnia si stava lavorando insieme ed era l'una, il resto è venuto da sè: Geitost, Frittata di cipolle, Spaghetti al pomodoro e basilico, Fragole, Ciliegie. Caso volle che avessi da innumeri anni in attesa l'apposito attrezzo per affettarlo, il geitost, portatomi da un fratello di ritorno da Oslo.

***



Una piccola cena di successo... parziale. Cosa che capitano e mi lasciano perplessa. Agli ospiti è piaciuto tutto e, visto che tutto è stato spazzolato, ci credo. A me non troppo. Mi sono piaciuti i pomodori. Menu: Pomodori ripieni di olive e capperi, alici gratinate con pan grattato, aglio e prezzemolo. Gelatina di pesche con ciliege sciroppate.

***


 

Un par di ricette borgognone, una calabra, due non si sa da dove, ed ecco un piccolo buffet per una compagnia che si salutava sull'orlo dell'abisso delle caldissime giornate a seguire.  Menu: Quiche au lard, Pizza di cipolle di Tropea, Torta di merluzzo e spinaci, Crumble con le albicocche caramellate, Tarte amandine.

***




Amedeo, maestro di tartine, conquistò un divertito e fervente discepolo nella persona di Nunchesto; questi guardò quello, ammirò, studiò, imitò. Non uso mai le mani, disse il Nunche, adesso mi ci metto! E subitò iniziò in grande, corcondato di millanta barattoli, coniugando sapori che mai erano venuti in mente a nessuno; ammettiamolo, vennero mangiate, codeste tartinelle: quando arrivai in tavola, non ne trovai che alcune rimaste, sparute e poche: una testimonianza che potrà proseguire. Il menu era: tartine; minestra di pane toscana, tonno di coniglio, tajine di pesce, pecorino con gelatine di vini e marmellata di fichi, treccia di pane maison, crumble di albicocche caramellate. Champagne Joseph Perrier, Lis Neris Picol, Piere Vie di Romans e un Castello di Ama per gli irriducibili del rosso.

***


 

In quattro e sul terrazzo. L'entusiasmo è spropositato poiché enfatizzato dal successo di una crostata inseguita da tempo: una semplice, linda, onesta, incantevole crostata di albicocche; la cosa più difficile da pretendere. Sarebbe come dire: quella semplice crostata dorata, dolceacidula, perfetta, mangiata nell'Averon, su terrazzo che vagava come una zattera sulle ampie onde della piana lontana e immensa che affondava nella penombra serale; insegui insegui, questa non è quella, ma. C'aerano anche le Rape siriane sott'aceto, pure inseguite nel loro magnifico rosa e infine afferrate. Poi Faglioli in insalata come in Calabria, Peperoni calabri con pane e acciughe, Pollo al latte di cocco e curry verde, Pilaf di riso basmati, Insalata di fragole, pesche, menta glaciale, ciliegie.

***



Quest'anno molto accogliente per delicati e desiderati spifferi, perfino colmi di profumo di uno stellare gelsomino, in un'estate romana che non dispiega ancora la sua afosa ferocia. Cucina e forno non sono ardente penitenza, se il secondo è lasciato solo con i suoi calori mentre tu vai in un altro piano della casa a scrivere in compagnia di una sveglia fidata, che standoti alle costole con la sua tromba ti salverà dalle carbonizzazioni. Cucina con fuoco e fiamme domate, ma anche il soccorso di un gran piatto di Formaggi che declinano la setosità della capra in vari stati e modi di maturazione e affinaggi. Un toccazzo di mucca stagionata e pepata introduceva differenti note, con contrappunto tosto e saporitissimo. Insieme due Gelatine, una delicatissima di moscato e una decisissima e forte di aceto balsamico; poi una Composta di cipolle dolce e vagamente agretta al contempo. Pani, un Lariano e un Pane maison di grano saraceno, cumino e senape, sapido, aromatico, tosto, compatto, apprezzatissimo. Nel forno, una Teglia di tagliolini all'uovo con melanzane e mozzarella, una parmigiana con la pasta. Poi Crostata di brisée alle erbe del terrazzo, con merluzzo al vapore, acciughe, capperi, timo, coronata di pomodorini caramellati; piaciuta assai: gli elementi legavano. Tartellette con la stessa brisée e pecorino di Osilo. Dolce con le susine e coulis di fragole non memorabile, e un buon Gelato di frutta fantasioso nell'assortimento portato dagli ospiti. Vini? Un Soave Pieropan Calvarino 2009, al quale con il timballo si è aggiunto un rosso, lo Château Labégorce-Zédé Margaux 2006 che Nunchesto tendeva a guardare amorevolmente.

***



Chi poteva appoggiare il bicchiere in bilico sul tronco su cui Alice si fa le unghie? Il Nunche. E' cominciata così, con il Pinot Bianco Sanct Valentin 2008. Dopo anni di terremoti e spostamenti le piante, lasciate in pace, tirano fuori speranzosi rami, foglie e fiori, chiedendosi se riusciranno a tenersi ciò che testardemente e creativamente vanno fabbricando nel loro verde e laborioso silenzio. L'azzurrina luce delle otto di una sera romana quasi estiva va avvolgendole pacatamente, mentre rapidi rondoni e feroci gabbiani si contendono un vasto cielo che per le loro incursioni sa di fiume, presente anche quando guardi su dritto sopra di te. Saremo in nove più la gatta, padrona esperta del terrazzo, che non ci lascerà; come la sera precedente, appena mi alzerò prenderà posto a tavola, trovando ottima la compagnia e il cuscino opportuno. Adotto un veloce stile pic nic, con piatti bicchieri e posate in abbondante portata di mano; poi si vedrà quando e come e chi li prenderà. La tovaglia ricorda un viaggio nella confondente Finlandia, dai cui labirinti di laghi fiumi foreste emergendo, approdammo ad Helsinki, la Città, per infilarci nel magnifico negozio Merimekko e uscirne ricchi di stoffe. Questa sopravvive. Sul tavolo l' Hummus di Polsonetta e i Crostini infilati in ciotole gemelle fatte nel Fayum da due svizzeri che lavorano magistralmente argilla, e fanno disegnare sui loro vasi animali del deserto e palme dai bambini del posto, cambiando di anno in anno stile insieme a bambini che si rinnovano. Il rosso Gaspacho, fragole pomodori datterini, va in una delle zuppiere accumulate negli anni; la Terrina di formaggio con peperoni rossi e gialli diventa piccoli anelli nel gran piatto cinese antico costosissimo, ma che, disgraziatamente fesso, è diventato accessibile alla mia rapacità di gazza ladra. La picchiettata brocchetta ricorda il bel museo del vino di Torgiano. Incredibile il liquido che entra in quella - sembrerebbe - piccola pancia. Poi, alla spicciolata: Panzanella bruna con pomodori e acciughe su un piatto marocchino bianco e rosso; Insalata in un piatto inglese a fiori; Crostini di pane aromatico con calamari e curry in un piatto di porcellana bianca che ricorda il negozio di un'amica che raccoglieva cose belle e domestiche, gazza ladra anche lei; serviti su piattini sopravvissuti a defunte tazze da caffè, vittime frequenti; le Sagnarelle di trito cav. Cocco con guanciale, pomodori fondenti e brodo di rana pescatrice arriveranno in padella, la Coda di rana pescatrice avvolta nel guanciale; sul piatto di un vasto e scompagnato servizio bianco e blu; le Mouclades charentais in un tegame da forno barocchetto e color prugna, ultimo glorioso acquisto, grazie al quale, cotte prima, sono poi state velocemente gratinate per andare in tavola; in fine le ciotoline della Crème brûlée ai pistacchi, disuguali poiché risultato del mettere la crema "dove si poteva". Chiaro che questa scompagneria non mi dispiace, amo la diversità della forme che si ritrova in un tutto sempre nuovo (teoria estesa alla convivenza con un gatto).

***





Volevo organizzare uno spuntino serale e veloce sul terrazzo. La pasta è stata l'unica cosa cucinata, poi è bastato fare un salto in un negozio di Trastevere: Porchetta, Salsiccette secche fatte da loro con il prosciutto di maiale, fresca Ricotta di pecora, Primo sale, Pizza rossa; tutto da Iacozzilli, via Natale del Grande. E qualche meringa in una vicina pasticceria per allestire con poche fragole e yogurt una sciocchezza turca.

***


.


Forse non è la prima, forse è la prima per la quale i piatti non sono stati poggiati sul tavolo alla spicciolata. Tavolo: l'arredo più importante di una casa, ogni stanza dovrebbe averne uno, come ogni città dovrebbe avere una piazza. E' lì che ci si incontra. Tavolo del terrazzo: di Alice, indiscutibilmente. E' lei che ci salta per fare passeggiate panoramiche sul suo regno vegetale e animale (Haimé, oh, gechi!), che ci si accoccola sotto per ripararsi da pioggia, sole, umane indiscrezioni. Non sapevo se lo avrebbe ceduto. Invece la piccola quando ha visto piatti e bicchieri ha capito al volo ed è restata ai piani bassi, tranne fregarmi la sedia appena mi sono alzata la prima volta e mettersi a fare il compìto commensale. Ho aggiunto un'altra sedia ed è stata con noi fino in fondo. Terrazzo: in stretta confidenza con la cucina. Allunghi un braccio e sei dentro o fuori. L'importante è tutelare la tenera zucca che la bassa porta minaccia, e infilarsi come un bottone nell'asola, con un leggero andar di bulina. Comodo. Quanto a comodità, volevo una cena comoda. A questa la sera dopo ne sarebbe seguita un'altra, per nove, e io volevo stare poco in cucina. Forte del principio "il menu è tutto" ho puntato su quello, e ho cercato tra cose già provate invece di sperimentare: per una volta sembrava più rilassante. Ciò è esitato nel fatto che la tartare è venuta meglio delle altre due volte in cui l'avevo già fatta. Menu: Vichyssoise, Terrina di formaggio, yogurt, erbette, peperoni gialli e rossi, Gamberi a fianco, Pane al mais con semi di finocchio e di sesamo, tartare di salmone su tzaziki più gamberono rosso spadellato,Insalata di fragole e pomodori datterini con salsa di melograno, Crème brûlée ai pistacchi. Lis Neris Gris Pinot Bianco 2009 a garganella.

***


Dal chiarore roseocilestre della sera, tutta mare e cielo e grande chiesa e rosse albicocche, all'annottare in cui le fragole mandano ultimi bagliori sul nero della laguna. Le altane veneziane non sono terrazzi. Non sono vegetali, non ricreano un paradiso terrestre ma puntano direttamente sul celeste, non c'è nulla dell'hortus clausus. Sono secche, areee, adatte al volo. Senza metafore, vanno dritte in cielo. Sono lignee, ventose, assolate. Sono vassoi di legno poggiati sulle tegole, a volte su tetti molto alti, da capogiro, piene di fessure che sconsigliano di far cadere anelli o posate; sono consolazione dei piedi nudi che si nutrono del caldo legno. Bevono luce da ogni lato, dal luminoso all'oscuro. Siamo andati dal chiarore delle otto con San Michele che luceva, scudo bianco sull'acqua, alla notte in cui i tremolanti lumini del chiostro erano soli a punteggiare il buio. Il grande albero che l'estate precedente era restato nudo e ci affliggeva con i rami secchi e neri ora sorprendentemente verdeggia fittamente e profuma intensamente di tiglio fino a noi, a ondate, e fa immaginare la festa ronzante degli insetti. Miracolo miracolo, alle sei e mezza di sera non ero ancora scesa in cucina e alle otto avevo preparato ogni cosa, a dimostrazione che se si vuole fare una cosa svelta si può, si può. Ecco che: Albicocche farcite di robiola ed erbette, lo Spritz di Nunchesto, Baccalà mantecato, Pane con le olive, Ruoto di patate e pomodori di Eduardo, Spiedini di rana pescatrice e lardo, Sciocchezza turca, ovvero fragole, meringhe, yogurt.

***




 Il caso ha voluto che gli uomini dell'una e dell'altra fossero impegnati in questo e in quello; ciò non ha impedito che ci si volesse incontrare. Lo stesso Nunchesto, dopo un primo momento di panico, si è trovato benissimo; le signore, ancora di più. Si voleva cenare sul terazzo, ma alcuni rovesci di gelida pioggia ci hanno fatto perfino chiudere le finestre e accogliere con gran piacere le orecchiette calde che hanno fatto irruzione in un menu molto estivo. Allora, seguendo la traccia del freddo e del caldo: Salmorejo di pomodori e peperoni rossi, con dadolata di cetrioli e peperoni gialli; Terrina di gorgonzola, albicocche e ricotta; Orecchiette con asparagi e menta; Ruoto di seppie, patate e pomodori; Insalata di fragole e pomodori datterini con ekşili sos; Flognarde con pesche e lavanda, Piccoli gelati vari. Sauvignon Livio Felluga 2007, Fèlsina Berardenga Fontalloro 2000.

***

Giugno 2010. Cene a Capalbio
 

Capalbio, si sa, è abitata da romani vogliosi di bollente spiaggia nera e senza conchiglie, di accenti toscani, di spini di istrice e di odorosa campagna. Polsonetta e Cornucopio vi hanno messo radici, in quella zona di costa campestre e di casali che è stata ente Maremma, e insieme a loro diversi amici; ogni tanto Nunchesto ed io vi abbiamo fatto rapide puntate, questa volta mi sono fermata due giorni, il che vuol dire due cene (e l'intera lettura di un libro di viaggi: Freya Stark nell'Hadramaut). Ci furono due cene in stile campestre, marino e amicale. Si perde tempo, indaffarati, tutto il giorno; si va in spiaggia, si visita l'orto dei vicini per chiacchiarare e prendersi frutta e verdura, e solo all'ultimo si stende la tovaglia, si pulisce il pesce, si lava l'erbetta e insomma in rapidità si ammannisce un buon pasto mentre arrivano gli invitati, molti portando o cucinando lì per lì qualcosa.
Cornucopio ha fatto per due volte il suo cosiddetto Pilaf al limone, e due volte - a grande richiesta - i suoi Pomodorini fondenti. Preciso con contrizione che il riso è venuto meglio la seconda volta, quando ho compreso che non era un pilaf e quando Cornucopio ha capito che non doveva seguire i miei consigli. I pomodorini sono stati perfetti ogni volta.
Polsonetta ha provato le Alici arriganate e un gran pesce al cartoccio, Nuna gli ottimi Pesce al sale e Dadolata di tonno. Mentre si spadellava si facevano grandi osservazioni e consulti, e per inciso comunico che abbiamo deciso che la ricetta delle alici arriganate va messa a punto: così com'è i peperoni sono pochi e le alici stanno lì troppo e tendono a disfarsi. Abbiamo deciso che quando un calabrese dice "poco olio" (è l'amico di Polsonetta che le ha dato la ricetta) dobbiamo raddoppiare quello che ci metteremmo di testa nostra.
C'è stata la Torta della nonna di un celebrato forno di Orbetello, io ho ho cucinato la Flognarde di pesche e lavanda, accompagnata da un Gelato di cioccolato agli agrumi. Inoltre ho fatto una Pseudo quiche con il tartufo. Qui si è aperto tutto un altro capitolo: la casa di Polsonetta e Cornucopio rigurgita di pentole, teglie e padelle - tutte formato "passa la fame" - ma non c'erano né teglie di porcellana da forno adatte alla flognarde o alla pseudo quiche, né matterello per stendere la pasta. Rimediati dei sostituti per i primi due scopi, ho iniziato a perorare la causa del manico di scopa ben lavato per l'ultima bisogna, ma mi sono state proposte bottiglie e infine è stato adottato il manico di un cucchiaio di legno bello lungo, che ha steso una pasta sì gobutella, ma che si è prestata a fare la sua parte. Sul tavolo: Alici arriganate , Dadolata di tonno, Pilaf al limone alla maniera di Cornucopio, Pomodorini fondenti, Torta della nonna, Flognarde di pesche e lavanda, Pseudoquiche con tartufo, Gelato di cioccolato agli agrumi
***



 Menu: Albicocche con gorgonzola, noci e miele; Koresh di pollo e pesche, ovvero pollo alla julienne con delicate spezie, specie zenzero, e pesche; Chilau, ovvero riso iraniano morbido e sgranato all'interno, croccante e dorato all'esterno, con erbette e uva passa; Insalata di foglie e frutta; Balouza, ovvero budino di amido di mais e zuppetta di ciliegie.

***



Abbiamo un intervallo di un’ora e mezzo, siamo vicini a casa, facciamoci un salto per mangiare. Stiamo lavorando insieme, siamo in sei. Abbiamo due torte rustiche. Ho preparato la Pizza di cicoria della zia Bianca, con una ricetta di famiglia e di campagna, con il dolce - salato napoletano e dei piatti antici; e una Torta con finocchio e luganega nuova di zecca. La accompagniamo con della Lattuga condita con una Vinaigrette alla senape e una manciata di Lattarini fritti, uno sfizio comperato al volo questa mattina presto al mercato, dove era andata per le Ciliegie e le Albicocche. Nunchesto procura delle birre.

***

Giugno 2006. Un frammento di cena


Chi eravamo? Cosa ci fu oltre a queste poche tracce che ne restano? Non riesco a credere che mi baciò la Dea della Creanza, ma vedo tre sole portate: Zuppa di agnello e finocchiella (amava farla Nunchesto, tra i pochi piatti in cui mai si cimentò, degnamente buona);  Sformato di ricotta alle erbe con capello di indivia (questo era mio: lo avevo pensato, me ne ero compiaciuta); Sbriciolata frattese  (ricordo la delusione, non mi piaque, fu uno scorno; sono decenni che mi riprometto di ripeterla per vedere se non c'è nulla da fare, quanto il difetto fu nel manico). 
 

Nessun commento:

Related Posts Plugin for WordPress, Blogger...