lunedì 5 settembre 2016

Tutti i menu di Settembre di AAA

    
 

Menu: Crema di zucca con i funghi chiodini e tartufo (portato in dono da Polsonetta e Cornucopio), Parmigiana (dell'amorosa ligure Ida, che di tanto in tanto si fa partenopea per Alfredo), Fichi con marmellata di peperoncini piccanti e pecorino romano, Insalata di limoni della costiera amalfitana (per gli ospiti inedita scoperta, che subito suscitò vari rifaccio), Pita, pane piatto (in cui mi cimentavo di nuovo dopo molti anni come fosse la prima volta, e che merita sempre di essere ricordato e rifatto), Shaksuka 2. Le speziate uova in purgatorio mediorientali (che mi ha segnalato Isolina e che immediatamente mi attrassero per la possibilità di speziare esoticamente le nostre domestiche uova in purgatorio), Zuppetta di frutta alla crema di mango (un amore attuale: le zuppette fruttose, fresche e dolci declinate in ogni modo).
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L'estate indugia, il terrazzo annottante accoglie, ancora una volta ci facciamo coraggio, siamo in tre, quattro quando la delicata falena si appoggia perigliosamente sull'orlo del piatto (probabilmente, una Palpita vitrealis). Sul tavolo: Fichi grigliati con formaggio e noci; Zuppa di pomodoro. Courtine, il francese che amava la cucina di campagna; Spezzatino ai fichi; Zuppetta di melone, gelato, frutto della passione e carambola (si riaccende una voglia di moltiplicare tali zuppette, di ogni tipo).

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Il sole finalmente è dolce, l'aria trasparente si fa respirare, la rosa che a maggio nell'abbandono pativa ogni male, dopo le nostre cure fa piccoli fiori autunnali, gli oleandri che a luglio moltiplicavano le loro teste fiorite lanciano in cielo gli ultimi mazzi, e soprattutto la cicas cui ho rasato la testa perché aveva foglie gialle, dopo solo due settimane ci fa il dono di due riccioli nuovi. Non ci sono ospiti, è mezzogiorno, si lavora, e io mi ritrovo senza giustificazione alcuna ad ammannire sul terrazzo un piccolo pasto di perfetta bontà; esploro la mia mente: pare che dica che non ne vuole sapere di fare come se tutto ricominciasse da capo, cerca vie d'uscita. Staremo a vedere. Per l'intanto: Fichi con marmellata di peperoncini piccanti e pecorino romano: due fichi neri leggermente scavati, con dentro una goccia di marmellata di peperoncini e due scagliozze di pecorino romano; Roulade di fichi e culatello, fichi neri e gorgonzola dolce (ovvero quarto di fico, goccia di gorgonzola, vestarella di culatello come il tappeto intorno a Cleopatra); Insalata di pesche bianche e rucola di campagna (è la mia, ha detto il contadino con orgoglio, e infatti è alquanto tosta e saporitissima); Tortarella di fichi al forno e farina integrale di grano saraceno, con un solo cucchiaio di miele oltre al dolce dei fichi: la provo così tanto per fare, e con mia sorpresa è squisitissima (uè, ma non era per le colazioni, fa quello che intanto versa imperturbabile Champagne). Dimenticavo: la Pizza rossa al trancio, scrocchiarella,  della drogheria Icozzilli, dove trovo il signor Iacozzilli che la mastica gioioso, dicendo che è irresistibile, e convengo.
 
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Per un invito a cena, per pensare all'autunno come a una primavera. Mescolare età, culture e fantasie fa bene alla salute. Lo abbiamo fatto ancora una volta, con molti prosit. Pizza di scarola della zia Bianca. Con salame, salsiccia, formaggio, con salame, salsiccia, formaggio; Pollo al gratin; Ratatouille ovvero rattatuglie, dell'infanzia (tutti e tre i piatti sono dell'infanzia, in verità: di ritorno dal Pamir, quanto di più lontano, mi sono riavvolta in quanto di più vicino). Poi un esotismo anglofono: Figs Amber. Fichi al forno e cappello di meringa. Nunchesto versava in ogni caso Champagne, cui aggiunse poi un Valpolicella Superiore Zanoni, un Lis Neris e un Calvados; i giovani portarono un Niffo Terre del Sillabo per il quale si immaginò una futura cena. Sul tavolo esordio dei sottopiatti di "porcellana cinese" portati con noi dalla Parigi di luglio.

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Sono ancora tutta un rimugino tanzaniano, per quanto Roma prema, ancora mi rotolo nella sabbia, mi spolvero di polvere, guardo negli occhi gli elefanti, schivo l'ironia dei neri, ricordo le spezie. Dunque, menu sub shariano, alquanto Tanzania, ma con un deciso ingresso di Sud Africa con il malva pudding. Sul tavolo una stoffa rossa e nera del Burkina Faso e un nuovo Kanga, che dice: Hata hilo ni kazi ya mungu, Anche questa è opera di Dio. Menu: Vellutata di mais e pomodoro alla sub shariana, ovvero dolcemente speziata e piccanteMchuzi wa samaki, ovvero swahili bouillabaisse; Riso pilau come a Zanzibar, con latte di coccoBanane o platani fritti. Ndizi Kaanga Insalata di cetrioli e pomodori cuori di bue a dadolata, con semi di sesamo bianco; Malva Pudding con il treacle e Gelato di Crema

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La luce settembrina si insinua nella casa che si rianima, sul muro delle scale c'è sempre un pittore al lavoro; mi sveglio con lentezza dalle dense assenze di agosto, piene di pensieri e di un intenso viaggio in Tanzania. La voglia di cucinare uno dei loro piatti si coniuga con un lavoro da fare con Dolcesca; io faccio quello, lei porta dei tonnetti che ha pescato nel mare dell'Argentario. Stendo sul tavolo un kanga, una delle loro stoffe parlanti: c'è un prolifico girasole, e una scritta in swahili: SIFA YA MAMA NI HURUMA; grazie a un'amica che vive a Mafia traduco: "Una madre è per definizione compassionevole", oppure: "I lineamenti della mamma sono sempre gentili". Menu: Vellutata di pomodori alla swahili, Pilau Rice come in Tanzania, Chutney di mango, Tonnetti o Alletterati al vapore, Maionese con il bianco d'uovo e olio di vasellina alimentare (non sapevo neppure che esistesse; timori e tremori, riuscita interessante: leggerezza), Frullato di gelato di crema e pesca. Nunchesto mesce Champagne Moncuit.
 
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Invito a lavorare delle belle madame, e mi dicono: questa volta portiamo qualcosa noi! Che bellezza! Contribuisco con una Focaccia bianca, due Ciotole di pomodorini, dei Crumble di pere con zenzero, noci, cacao; loro arrivano con un'Insalata di zucca, formaggio, ceci con semi di amaranto, cumino e sesamo; una Torta di radicchio rosso; degli Amaretti con le nocciole.

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L'animo, in uno stato di smarrimento post estivo, richiedeva un incontro conviviale - ahimè, il mio non conosce simposii, dopo due bicchieri la confusione con gli dei diventa invadente - e nonostante il corpo fosse riluttante, lo trascinò in cucina. All'arrivo degli amici però questo riprese il comando e si mise in poltrona mentre quelli allestivano la tavola (che consolazione); avevano anche portato, dopo un viaggio nostalgico nelle pieghe più profonde del bell'Abruzzo, là dove si recuperano in pieno gli anni Cinquanta insieme a piccoli paesi, molti monti e parecchi parenti, la squisita, dolce ventricina, fatta di carni nobili tagliate a punta di coltello e grassi sceltissimi. Per non parlate del colpo di genio di Cornucipio che senza nulla sapere aveva preparato un yogurt con la menta, adattissimo ai pani uzbeki. Menu: Zuppetta di porcini, patate e gamberoni; Somsa sfogliata con i pistacchi; Pomidorli Non. Pane uzbeko con il pomodoro; Ventricina; Yogurt e menta; Insalata di pomodori con il sesamo; Pesche al forno con cioccolato bianco e mandorle.

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Siamo in sei, parliamo di prossimi seminari, ma non si batte un colpo senza una torta; così sul tavolo vanno, tutti insieme, pile di piattini arancioni con il rigo d'oro scelti tra quelli non sbeccati, una pentola di coccio zeppa di forchettine e coltelluzzi, bicchieri, tovaglioli di carta, una brocca con l'acqua, vini bianchi e rossi, e poi: Tatin di fichi e camembert, Piccoli flan con olive e uva, Pickled Eggs and Beets, ovvero uova e rape rosse, Pane uzbeko con la zucca, Pesche al forno con lamponi, cioccolato bianco e mandorle. Chiedo a un'amica di fare le parti: che pace. 

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Eravamo in sette, scopriamo che è il compleanno di un'amica invitata: tutto acquista aria di festa. Menu: Tentacoli di calamaretti, fette di limone e foglie di salvia fritti; Timballo di capellini e ricotta come a Palermo; Terrina di melanzane, pane integrale e pomodorini del piennolo, improvvisata e felicemente ottima (c'è sempre un boh da dissipare quando fai una prova); Calamaretti ripieni, patate e porcini al forno (un'idea suggerita dal mercato Trionfale, che per una volta tanto avevo provato prima invece di lanciarla immediatamente sugli ospiti); Pomidorli Non. Pane uzbeko con il pomodoro(continuo le prove di questo pane, buono e divertente, cambiando verdura); Formaggi francesi di capra e di mucca (non ci si crede, ma sembrava non avessimo portato niente in tavola a vedere l'entusiasmo); Insalata di foglie e frutta; Pesche al forno con lamponi, cioccolato bianco e mandorle (proseguo esperimenti su queste pesche, trovata felice di fine estate). Taccio sui meritevoli vini (ci sono le foto).

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Non con cicoria, non con patate e ricotta. Non in uzbeko significa pane, semplicemente; non anche quando c'è una farcia, come in questo caso. Ogni tanto ho bisogno di arrotolare, e così ne feci di due tipi: il Non con cicoria, e il Non con patate.  Poi c'era la voglia di fare uno spuntino, così li misi in tavola con un dolce di prugne, il  Far breton con prugne, noci e cioccolato; in questo caso prugne giganti viola; il dolce, caldo, fu una sorta di succosa zuppa rossa.

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Con una Pseudo quiche al formaggio: pasta brisée con erbette, formaggi vari, migaine di panna e uovo battuto. 


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Uscendo dagli incantamenti di agosto - incantamenti un po' alcineschi, in verità, da maga cattiva, di quelli che trasformano in alga, in bradipo - e dalle sue calure roventi che mordono le polpe e fiaccano l'animo, tornando in cucina ci affidiamo timorosi a settembre; non resta che sperare, ed ecco lo Spuntino spranzoso n.2, dopo lo Spuntino Speranzoso n.1. Di nuovo tutto al minimo: solo un Ruoto di patate (come pare lo facesse Eduardo) e un Far breton con prugne, noci e cioccolato che in questo mese continuo a fare cambiando il rapporto quantità di composto e stazza delle prugne; qui prugnone gialle e viola tagliate a metà, ovvero esplosioni di caldo succo in bocca: nel piatto è quasi una zuppa, diventa un dolce al cucchiaio. Arrivano cioccolatini dal Belgio.

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Settembre 2017. Tatin di susine e spuntino speranzoso n.1.



La Tatin di susine ha fatto compagnia a una Torta di formaggio un po' soufflé, per il primo spuntino settembrino, che abbiamo voluto speranzoso verso questo autunno che avanza.   
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Settembre 2016. Li sfamo ancora, questi due, o no? 


Con i tempi che corrono, da far tremare le vene dei polsi, questi sono ancora capaci di ingaggiare discussionone piene di foga sui massimi e sui minimi sistemi; capite che mentre pezzi di mondo ci crollano ora in testa ora su un piede, e tu vorresti occupartene in qualche piccolo modo, è difficile sopportarli. Io cerco di reagire abboffandoli di manicaretti, ma quelli masticando e dicendo un "Bono, sì", proseguono imperterrititi a fare molti distinguo, parate, affondo, chiarimenti, tutto nella massima foga, mentre sotto i nostri piedi si sente il cupo brontoliio degli Inferi.  Dunque, il menu: Crema di zucca, peperoni, totani; Tatin di indivia brasata, Melanzane arrostite in insalata (sì, proprio quelle meravigliose, con il saporino di fumo); Minne di vergine perduta nel bosco autunnale (un dolce mezzo siculo con un boschetto di rossi frutti di bosco con radici nella glassa di cioccolata molto amara). A onor del vero, Nunchesto tentava invano di spargere Champagne sul fuoco. 

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Settembre 2016. Uno spuntino per cui ci impegniamo di buzzo buono. 


Le generazioni intorno al tavolo sono di età assai diverse, ma tutte impegnate nello stesso lavoro; ci adoperiamo per quello come nell'ammannire e apprezzare la tavola, e i tre giovani portano una torta costellata dalle loro inziali - c'era anche un cuore, dicono. Ma come spesso accade, nell'ardore dei fuochi si è sciolto. Menu: Torta di papa Pio II con pecorino, noci, pere; Qovoq burma, panini chiocciola uzbeki farciti di zucca; Pasticciotto o Dolce di Minne di vergine come ad Alcamo; Crostata con ricotta, marmellata di fichi, cioccolato.

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Settembre 2016. La cena dove un po' ci girano, ma con parecchi regali
 
Settembre 2016. La cena dove un po' ci girano, ma con parecchi regali.. Venivano da noi le Tre Grazie, da un pezzo volevamo scambiarci dei regalucci, certi pacchetti nascosti ne potevano più di starsene ficcati in un armadio a sgualcirsi, quasi non si ricordavano dove si erano infilati. L'occasione era festosa. Ma nel frattempo capita questo: voi lavorate a lungo e un sacco e alla fine la procedura prevede che il vostro lavoro passi da colleghi che lo valuteranno; non conoscendoli, sperate siano normalmente sensati o almeno normalmente scemi. Invece sono pirla incattiviti dal momento di gloria - poter valutare dà fortemente alla testa - e mandano a remengo quel che possono. Proprio mentre comparivano in tavola gli sfortunati piatti la ferale notizia è stata soffiata da crudeli ma inevitabili trombe sul convivio, e molto andò di traverso, tuttavia in qualche spirito restò abbastanza soffio vitale per accorgersi che - tiè - tutto era buono. E non vi dico a quante, vinta ogni remora, precise cattiverie della migliore specie ci siamo abbandonati: ce ne venivano in mente una dietro l'altra. Menu: Tarte au coq-au-vin con mele al forno speziate, Kartoshka burma, panini chiocciola uzbeki farciti di patate e fritti, Vellutata di peperoni e pomodori, Gateau di pesche riottose, Champagne Moncuit, Tisana al mandarino.

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Settembre 2016. La cena della casa nuova


Pomaurea di quando in quando ha una casa nuova; questa ha un bel balcone lungo lungo che le corre intorno, che affaccia su un cortile interno di quelli dove si prende il caffè chiacchierando con il dirimpettaio e su cui cresceranno molte piante aromatiche; mostra la casa ad amici veneziani e fa una cena con questo menu:  Salsiccetta, olive, pane nero e chutney; Suprême di pollo con riso pilaf, Carote al cumino, Insalata di pomodorini al timo, Marquise au chocolat, Gelato di more, Gelato di ricotta come quella dei cannoli. Chardonnais Livon, Sauvignon Bastianich. Io fotografo, mangio e apprezzo. 

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Settembre 2016. La Torta di papa Pio II con pecorino e noci per un bambino tutto nuovo.


Arrivano due nonni, una coppia, il loro bambino tutto nuovo di due mesi e mezzo, di cui sono prozia. Che fare? Ho in testa il pic nic di molti anni fa con la Torta del papa. Riffacciamolo, i pic nic a tavola sono adatti alle molte generazioni, alle interruzioni, agli imprevisti (per inciso: il piccolo non fa una piega, e assorto nei suoi animati sogni e sorrisi, non caccerà un solo strillo).  E allora tanto e tutto sul tavolo, senza paura: Torta di papa Pio II con pecorino e noci (in un'alzatina, che fa posto ad altri piatti sotto di lei); Tatin di fichi e prugne con brisée al camembert (tutto è sul tema né dolce né salato); Fichi freschi; Pomodorini; Salsiccette secche di Iacozzilli, storico droghiere trasteverino con propri salumi; Strolghino di culatello; Porchetta di Ariccia; Canestrato, un ottimo pecorino romano semistagionato dell'Antica Caciara Romana, altra drogheria storica; Pecorino di Picinisco; Marzoline di capra; Formaggio ubriacone al Teroldego; Gelatina di Melograno, Marmellate di Fichi e di Gelsi portati da Raviola Romagnola; Mozzarella di bufala; Pane con le noci e Pane con le olive di Le Levain; Taralli 'Nzogna e Pepe; Uva bianca e nera; Mousse di castagne e mascarpone; Crema gelata di melone bianco al rum. Amarone. Ci furono combinazioni come porchetta e crema di melone, tatin e mousse... 

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Settembre 2015. La cena del Timballo di anilletti ca' carni capuliata; ovvero timballo di anelletti con la carne sminuzzata, all'aroma di limone. Sicilia.



Torno dalla Sicilia, come sempre ne ho la testa piena, le fantasie si rovesciano sulla tavola sotto forma di menu siciliano, cerco una nuova ricetta di timballo, come sempre cedo all'aroma di limone : Palùmmu all'ariueddùci, palombo all'agrodolce; milincìani a beccaficu, melanzane a beccafico; Cucùzza all'auruddùci, cùcuzzi à scapìci, zucca in agrodolce; Focaccia col sesamo; Timballo di anilletti ca' carni capuliata; ovvero timballo di anelletti con la carne sminuzzata, all'aroma di limone; Gelo di melone, jélu di melùni. Haimè non consevo memoria dei vini.

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Settembre 2014. Spuntino chiassosamente africano


L'Africa - la Tanzania certamente - è così tanto audacemente capace con i colori, che se ci passi qualche giorno torni impregnato di rossi, viola, arancio, verdi, e con in valigia qualche kanga, quei rettangoli di stoffa colorata che la costa orientale ha diffuso un po' dovunque verso l'interno; era fatale che il primo spuntino condiviso con i colleghi ne risentisse. Sul tavolo un magnifico kanga, e poi Pollo al cocco come a Zanzibar, Zucca speziataRiso al latte di cocco; ho pensato che potevano andarci insieme delle ciotoline di Zuppa di cipolle e ho concluso con una Muhallabia - piatto del povero, ovvero quella che viene coperta di frutta secca, cui ho aggiunto zucca e zenzero canditi.

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Settembre 2014. Piccola cena con le siciliane e risotto allo champagne


Dopo aver molto pensato alla cucina siciliana, ho avuto la fortuna di avere a cena due dame siciliane; siamo andati sul terrazzo e abbiamo proposto: Risotto allo champagne, Quiche con castelmagno e miele, Focaccia, Mozzarella di bufala affumicata con Pomodorini secchi sott'olio; Apricot Amber.

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Settembre 2014. Tre dame, un cavaliere e una cena superleggera

  

Mi sono detta che si poteva fare, anche se a dieta quasi rigorosa anzi, senza quasi; la cena è risultata gradevolissima. Intanto il cavaliere, invece delle solite goduriose tartine, ha prodotto solo acalorici o quasi Bocconcini: pomodorini, taralli, dadini di melone, olive, fette di cetriolo, e un Aperitivo "finto" quasi senza alcol: 1/2 bicchiere di vino rosé, qualche goccia di lemon bitter e acqua di selz, proprio dal sifone, per bellezza. Poi c'erano una Vellutata di verdure, lemongrass e dragoncello, del Pollo stile teryaki , dei Fagiolini alla rigomagnese cui è stato tolto ogni grasso. Alla fine un cedimento:   Crumble di fiocchi d'avena con i fichi.

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Settembre 2013. Tornando dall'Africa, organizziamo una cena namibiana a Venezia.


Mettiamo alla prova il mercato di Rialto: c'è tutto ciò che serve. Menu: prima di tutto, il bobotie, un meraviglioso pasticcio di carne speziato che parte da Giava e arriva in Africa, poi la mealie soup, la crema di mais piccante, il geelrys, il riso giallo con curcuma e uvetta, un'insalata di cetrioli, pomodorie semi di sesamo bianco, e infine niente malva pudding perchè il forno m'abbandona. Prima c’era una Mealie Soup - South African Corn Soup. Crema di mais piccante, alla moda namibiana o per meglio dire, alla Cape Malays, con curcuma, zenzero e peperoncino: il mais è un alimento base nell’Africa sub sahariana e le creme di verdura, spesso con delicate speziature, mi hanno rallegrato in tutto il viaggio in Namibia. Bobotie, bobotjie, che viene fantasticamente bene. Ho puntato sul bobotije, che avevo assaggiato appena messo piede a Windhoek; è un pasticcio di carne con frutta e spezie. Ho usato manzo, maiale – in realtà trasgressivo rispetto a Cape Malay che nel multicolore ha un solo punto fermo: religione mussulmana – banana, albicocche secche, chutney di mango, curry in pasta, anacardi, pepe lungo indonesiano, peperoncino, codiandolo, cannella, zenzero! Una festa, non un casino come sembra, l’equilibrio è riuscito. Il tutto viene coperto da un sottile battuto di latte e uova che dà al bobotie morbida veste dorata, e guarnito da foglie di alloro (sì, anche quelle). Geelrys, l'accompagnamento tradizionale, il basmati al cardamomo che lo rende giallissimo, geelrys ovvero riso giallo in afrikaans; c’è anche uvetta; si serve spesso con il bobotije. Insalata di cetrioli e pomodori cuori di bue a dadolata, con semi di sesamo bianco condita con il limone, che riproduceva un’insalata mangiata a Windhoek con il bobotie. Malva pudding (tutti gli ingredienti pronti, ma il forno mi pianta in asso; quando chiamerò un tecnico, mi dirà che non sa spiegarsi perché lo ha fatto: il disgraziato ha ripreso a funzionare e dichiara salute apparente). Il dolore della perdita è stato quasi sanato dal Gelato alla vaniglia che Cucurbita aveva portato per accompagnarlo. Mentre noi sognamo l'Africa in quel di Cannaregio, i veneziani si preparano per la Regata Storica.

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Settembre 2012. La cena della tajine nera (pollo, zenzero, zafferano)

 
La prima cena del ritorno in città, con desideri di fine estate: i dolci peperoni, gli opimi pomodori; i fichi haimé non ci sono più, ma ci può essere una conserva; e poi c'è una nuova pentola dal cappello di fata, nera come un lucente scarrafone in cui fare una tajine. Le amiche portano panelle e dolci, il Nunche tira fuori un vino bordolese memoria del viaggio, aggiungiamo un formaggio comperato in uno dei primi giri di botteghe romane ritrovate. Quindi: Crema di peperoni rossi, Tajine di pollo al cardamomo, zenzero, zafferano, Riso iraniano, Mattonella di pecora; Composta di fichi, Gelatina di Brachetto, Lingue di suocera, Panelle, Pignolata messinese, Caprese.

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Settembre 2012. Cena provenzale con zuppa di pesce e pissaladiere 
 

Vorrei dipanare cene a tema, ripercorrendo la Francia nella quale girovagammo. Inizio dalla Provenza non tanto perchè ci si inciampa venendo dall'Italia; lo faccio piuttosto per le verdure e la frutta che ancora si trovano al mercato, così necessarie per quella cucina. Per la prima volta e con gran soddisfazione ho fatto la  Pissaladiére, una pizza nizzarda felicemente gravata da una quantità enorme di cipolle stufate senza per ciò diventare pensante malloppo, ma anzi risultando golosamente lieve; importanti anche le acciughe e le olive. C'era anche una Zuppa provenzale di pesce con arancia e aglio, una testa d'aglio in realtà; come ho già provato, una volta cotti - spicchi con tutta la loro vestarella, non sbucciati - frullati e schiacciati nell'insieme, hanno presenza accattivante e non gravosa. Molti gli aromi: zafferano, semi di finocchio, aglio, arancia; insieme, Crostini con aioli. Soprattutto, nemmeno una lisca: amo le dense vellutate di pesce, che vanno giù così bene. Per iniziare avevo proposto della Babaganoush di melanzane; non provenzale, perché ci ho messo della pasta di sesamo, avendo sacrificato tutte le olive alla pissaladiére e non potendo perciò fare caviar d'aubergine. Poi una Brandade tutta salute; dove ho usato poco olio d'oliva e molta acqua di cottura. Poi una Terrina di formaggio di capra e peperoni; ho inventato da capo la ricetta avendo dimenticato che ne avevo già sperimentata una. Inifine una Crostata di susine e pistacchi di un magnifico color rosso cui la foto notturna non rende giustizia.

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Settembre 2011. L'amatriciana di Massimo, figlio di Amatrice
 

Due ragazzi di Amatrice ci hanno invitato a cena, poiché tanto rompemmo loro le scatole: ci fate vedere come fate l'amatriciana? Le loro famiglie vissero a lungo tra quei monti, i genitori spesso sono lì, qualche nonno seppe cosa significa avere greggi, loro stessi ricordano il biancheggiare fitto che percorreva come un'onda quei luoghi. Terra di pastori e d'Abruzzo fino al 1927.
Già. Il piatto principe della cucina romana, uno dei suoi piatti emblematici, è abruzzese ed è piatto di pastori. Lo è nelle fibre, nella terragnità, nella montuosità, nella ricchezza di grassi e sughi, cui il pomodoro si aggiunse gloriosamente ma tardivamente (merita mangiar la gricia, dove tutto è la medesima cosa, ma senza pomodoro).
Siamo stati accolti con due grembiuli con su scritto il nostro nome, bardati, messi all'opera da lui (la madama osserva affettuosamente ironica  e debitamente ammirata l'opera dello sposo che impera sui fornelli), comandati, ammaestrati, guidati e infine magnificamente saziati.
Solo amatriciana, ci era stato detto; in realtà si aggiungono caci, marmellate e gelatine ad essi consone, salsicce cotte e crude, fegatelli, funghi di Amatrice trifolati e ottime patate al forno.  Ci si ripromette di andare tra i monti, dove una vecchia casa attende paziente, a confrontare il piatto con quello che in quei luoghi fanno le trattorie dove si sa che lo fanno come si deve. Ammettiamolo, diciamolo: l'amatriciana è un piatto ottimo. Menu: Amatriciana; Caci, marmellate e gelatine; Salsicce cotte e crude; Fegatelli; Funghi di Amatrice trifolati; Patate al forno.


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Settembre 2011. Una cena per acchiappare l'ultima estate


Chiacchiere per farsi coraggio e riprendere il lavoro che le vacanze ci avevano fatto dimenticare e che voleva acchiappare tutto quello che poteva di un'estate che il persistente sole, picchiando tuttavia meno duro, permette di rimpiangere; volevamo i gialli peperoni carnosi, le polpute melanzane viola, i ricchi frutti che stanno per lasciarci. Allora il serale terrazzo, dove le piante, stordite dalla lunga stagione calda come i calabroni dal troppo polline, allungano i rami in cerca di refoli e i limoni crescono silenti gonfiandosi di succhi nella loro scorza ancora verde. Menu: Involtini di melanzane con gli spaghettini, Tatin di peperoni gialli e rossi con l'anchoiade, una Tiella quasi Languedoc con calamari, lupini, farina di mandorle e pinoli, Pane maison con sesamo, Torta al cioccolato dagli ospiti.  Vini: Chateau Margot, Lis Neris Picol.

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Settembre 2011. Venezia. per la nostra gioia, a cena da Cucurbita in preda all'uzzolo.


Che fortuna. Che fortuna essere invitati da Cucurbita. Se poi è in preda all'uzzolo, com'era, ancora di più. Tutta dorata, operosa e sorridente volava placida dal tavolo alla fiamma, dalla fiamma alla pentola, dalla pentola al tagliere, mescolando, sformando, affettando come chi sa quel che fa. Noi un po' le ronzavamo intorno (io soprattutto) un po' si attendeva beati che ci sorprendesse con la prossima.Venezia annottava tutt'intorno alla casa infilata proprio sotto al tetto, tra un trave e l'altro, alta sul canale come una mongolfiera che sosta prima di riprendere il volo, e calava quel buio ancora estivo, tranquillo e accogliente, fatto di piccole luci rare e qualche passo e voce e un vago rilucere sornione e misterioso dell'acqua in basso. Sono arrivati in tavola per la nostra gioia:
Sformatini di porro con aringhe affumicate e ribes rosso, piccolissimi gli sformatini, come una tazzina da caffé ristretto, dadolini di aringa intorno, un rametto di ribes che ci stava benissimo con la sua esplosione umida e asprignola, del dragoncello. Cucurbita predilige il porro con l'aringa, più della cipolla. Terrina di scampi e salmone; mi dice che la ricetta è del famoso chef Tale, ma non ricordo più; la terrina mi piace assai nella sua cedevolezza setosa; lei dice che è meglio ancora con le capesante; da ricordare. Brodetto alla veneziana; quanto è giusto servito a metà cena e non in esordio; i liquidi caldi e profumati sono ottimo intermezzo. Moscardini stufati; Cucurbita non dà ricetta, spera che con i moscardini al pomodoro sapremo arrangiarci. Ottimi. Baccalà mantecato a mano; insisto su "a mano"; anche Cucurbita insiste, o meglio dice "mai più": pare che sia fatica da minatore. Salta all'occhio che di baccalà mantecati a mano ne vediamo ben pochi: la consistenza è tutta diversa. L'aria incorporata è minore e la compattezza maggiore, la tessitura della polpa meno disintegrata, la cremosità più densa e più intensa. Ma c'è poco da far poemi: per il prossimo bisognerà trovare un volontario della battitura o procurarsi una zagola. Melanzane alla veneziana; sorprendenti, buone, divertenti. Si usa solo la buccia, si presentano come una scapigliata chioma viola. Sablé autunnali con gelatina di uva nera e fichi. Un dolce composto e magnifico: un rotondo biscotto friabile, una gocciolona di morbida crema, due fette di fichi che già rimpiangiamo per il loro troppo veloce passaggio e festeggiamo ogni volta che possiamo, una tremula e lucente gelatina di uva nera fatta con l'agar agar. Vini? Nord Est, esplorando.

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Settembre 2011. Isolina turca
 
 
Sollecitata da fantasie turche, ho fatto un Ic Pilavi seguendo una ricetta di un vecchio libro che definisce il piatto Yufkali Ic Pilavi, cioè velato, perchè racchiuso in un velo della famosa pasta yufka (simile alla phillo). Io la omisi. Quindi: la mia Gelatina di pomodori gialla che ha fatto la sua bellissima figura, questa volta servita in candide tazzine; Ic pilavi, riso pilav velato: Yufkali Ic Pilavi, servito con del Pollo aromatizzato al cumino e foglie di kafir lime, e infine un Crumble di fichi (variante di una ricetta artemisiesca: sul fondo generosamente imburrato della teglia, biscotti granulosi sbriciolati. Il crumble era ricco di noci e mandorle).

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Settembre 2010. Buffet quasi borgognone

 
Buffet serale per dodici inseguendo fantasie di Borgogna. Terrina di roquefort, formaggio di capra, pere, Crostini di pain d'épices, mostarda di Digione, composta di cipolle rosse, uva, Quiche al bourguignon au Chablis, Crapiauds au lard, Insalata di indivia belga e arancia nelle coppette, Crostata con marmellata di mirtilli e yogurt.

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Settembre 2010. La cena delle blogger


Alex, Marina, io; poi c'era Pomaurea che ha fatto la sua figura come lettrice, mostrandosi preparata su quanto doveva sapere sui foodblogger. E Nunchesto, che ci sopporta. Ho messo la tovaglia dei bambini che giocano ricamata da Artè, mi pareva in tono. Ci siamo trovate d'accordo nel dire che siamo arrivate a una certa ricettofobia. Che è ora di aria nuova. Che dobbiamo alzare il naso dal piatto. Guardare intorno; anche vicino, ma intorno. Chiacchiere intense: siamo arrivati a un'ora tarda senza accorgercene. Menu: Palline di formaggio di capra e uva; Fichi farciti con le erbette; Piccole crostate con la ratatouille, Soufflé al tartufo; Insalata di germogli; Crema di zucca, porcini e mazzancolle; Pan di fuoco: torta di cioccolato al peperoncino; Crema di pere al cioccolato bianco.

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Settembre 2010. L'Accademia degli Affamati Affannati all'Argentario. Tanto per cominciare, uno spuntino.


Siamo appena arrivati nella casa tra i boschi sul Monte dei frati, depositiamo i fagotti nella foresteria del convento. Sopra nuvoloni rotolanti e veloci dal profondo cuore oscuro e gli orli luminosi, sotto la superficie argentea e svanente nella foschia della laguna. Tra l'uno e l'altra gli alberi che grondano umidità, un'aria calda e il grande tavolo elegante di vecchio tek che sopporta le intemperie dolcemente marezzandosi di verde mentre la terrazza riluce delle sue tessere rosa.
Faccio una scoperta allarmante e pericolosa: Dolcesca apre un pacchetto di Pane carasau già condito - diciamo un guttiau industriale - che non è, come dovrebbe, orripilante, ma haimé seducente, innescando uno scostumato uno tira l'altro. Si beve un bicchiere di bianco Jermann 2009, ci si tinge di brume, si chiacchiera. Questo è uno spuntino minimo, il minimissimo che AAA propone, se non che gli spuntini sono fatti di tante cose, perciò questo merita comunque memoria. Andiamo a vedere la barca su cui passano l'estate Garia e Francesco, il mare batte, spruzza, cupeggia, inverdisce, il cielo promette tempesta; il cor trema, ma anche freme tutto speranzoso, vedi un po' com'è fatto.  Si vagheggia che sarebbe bello incontrarsi ancora quando ci si potrà infilare ancora di più nelle nebbie e nel freddo: una celebrazione di polenta fumante, per dire.

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Settembre 2010. L'Accademia deli Affamati Affannati all'Argentario.


Lo spuntino prima della cena. Il problema degli spuntini che precedono una cena è di essere sufficientemente meno buoni di quest'ultima, altrimenti non resta che chiederci chi ce lo fa fare. In genere la cosa non riesce. Difatti questo spuntino è stato ottimo, e abbiamo dovuto concludere che il piacere di cucinare sta nel piacere di cucinare (ecco una parola definitiva sul Crudo e il Cotto). Garia ha visto delle fresche, lucenti Alici e non ha potuto fare altro che cedere, comperarle, pulirle, marinarle con olio e limone. Un quarto d'ora ed erano pronte. Dolcesca e Marco hanno ottenuto sottobanco della Bottarga di Orbetello (non sarebbe ancora pronta, ma alcuni ne fanno in anticipo e la danno agli intimi) dorata, splendida, ottima, coniugata con del Pane nero e della Focaccia squisiti (un buon forno locale) e con Pane carasau; burro sì burro no, breve dibattito, Burro sì . I Pomodorini nudi e crudi, fantastica esplosione di rossa polpa in bocca. Il Pecorino sardo Podda semistagionato, chi si rivede dopo tanti anni - sono in Sardegna, sto lavorando, il mio compare locale sparisce un momento in un negozio e torna con una forma di quello: lo assaggi! mai più dimenticato, e ora rieccolo. Ci sono Marmellata di limone, Miele di corbezzolo, Confettura domestica di prugne salvatiche. Una grande Insalata che al momento opportuno viene afferrata con le mani (vantaggi degli spuntini), una delle bottiglie di Venica portate da Nunchesto, un Erbaluce di Timorasso, un Caffè. Intanto il ciclamino che Nunchesto ha offerto a Dolcesca viene tacitamente sbocconcellato da una cavaletta che si è infilata in casa. Tutti fanno uno spuntino.

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Settembre 2010. L'Accademia degli Affamati Affannati si incontra all'Argentario


Autunno, confort, tramonto, mercato del pesce, conta dei bocconi. Sull'orlo dell'autunno, sotto un cielo di molto veloci, luminescenti nuvoloni grigi cui rispondevano arrotondandosi nel vento le cime scure degli arbusti della fitta boscaglia che veste il monte dei frati e gli specchi argentei e sfumati dalla lontananza e dalla foschia della laguna, gli accademici si sono incontrati nella casa di Dolcesca e Marco. Tutto era così diverso dalla luminosa giornata primaverile del primo incontro: niente splendenti e luminosi celesti e nitidi profili delle cose, ma un dilagare di argentei azzurri e grigi e un perdersi nelle dissolvenze. La casa cresce, c'è un nuovo gatto che tra fuggitivi va e vieni si va sempre più addomesticando, c'è una nuova stanza per sedurre gli ospiti, ci ritroviamo in una cucina oramai quasi familiare nella sua ricca attrezzatura e grandi spazi, le schiere di teste e di mani lavorano congiuntamente, ci sembra di essere vicini a fare meglio, la prossima volta sarà quasi perfetta, la strategia dei bocconi ha funzionato. Dolcesca si è messa il nuovo grembiule bretone nero e ha subito infilato in due cornici la carta in cui era avvolto e il menu, entrambi con i disegni di Artè. Abbiamo sentito una certa opportunità di battesimi accademici: Nuna è diventata Aiolina Cheddarina, Augusto forse sarà Timorasso Pedemontano (anche se lagnava la mancanza di un qualche sintomo della sua componnete sarda), Francesco ha detto che non si sentiva Fusillo (prima dice che dobbiamo mangiare le lagane e pensarci su). Abbiamo concordato un menu cosifatto (la consegna era: autunno, confort, tramonto, mercato del pesce, conta dei bocconi): Due bocconi: Polpette cacio e uova con sugo rosso e cous cous al pesto, Polpo marinato con lime e zenzero, Calamari su crema di sedano rapa e latte di cocco Tre bocconi: Fusilli calabri con fagioli cannellini e gamberi,  Bourride provenzale con pesce san pietro, Parmentier con orata e porcini Due bocconi: Aspic di pesche bianche e vino rosso, Crema di pere e cioccolato bianco con cioccolato amaro e gelatina di Malvasia. La conta dei bocconi ci ha evitato di essere sopraffatti dalla sequenza, e abbiamo perfino avuto l'illusione che di tutto ne avremmo voluto ancora.
Vini: Cabochon Monterossa, Erbaluce 2009, Venica & Venica Collio Sauvignon Ronco del Cerò 2009, Aldo Conterno Langhe Chardonnay Bussiador 2005, Colli Tortonesi Derthona Timorasso Costa del Vento 2007 Walter Massa, FlorionMoscato di Sicilia Grecale, Grappa Pò Traminer di Poli

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Settembre 2009. Un ritmo dolce e un'ospite da Amsterdam.


Qualcosa di dolce ha attraversato tutta la cena in onore dell’estate che va, dell’autunno che viene. Fichi, miele, zucchero, albicocche, per una compagnia alquanto elettrica. Il primo che, non si sa perché, si compera una gigantesca viola da gamba ed è sempre più perso in vaghi sogni che si riflettono nelle gentili assenze dei suoi abruzzesi occhioni azzurri, il secondo che ha una nipotina tedesca nuova di zecca, nella quale non sperava più, che sembra una rossa, tonda mela e trepida di nonnesco amore per lei che brilla sulla punta dei suoi baffi, il terzo la cui ingegneristica barba manda scintille se il discorso sfiora il tema del potere delle pubbliche amministrazioni di impedire che vengano condotti in porto sensati interventi del tipo ricostruire case distrutte dai nostrani terremoti, la quarta che sembra savia e grazie a dio non solo è più matta di te ma anche amica tua, e un’ospite che viene da Amsterdam e ci guarda compassionevole e serena perché si sente in salvo dal grottesco che sta divorando l’Italia. Menu: Vellutata di zucca, pomodoro, peperoni con chicchi di melograno; Polpette al curry con i fichi; Pilaf con uva, zenzero, albicocche; Sigara boregi con formaggio, menta, limone; Soufflè di castelmagno con noci e miele; Mousse di castagne e mascarpone.Vini: Sauvignon Collio Schioppetto 2007, Ribera del Duero AAlto 2006, Passito delle Cinque Pietre Telaro.

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Settembre 2009. Cena Turca.


Gli amici del viaggio in Turchia tornano a incontrarsi. Come facciamo atmosfera? Lo scialle che comperai a Kas, stendiamolo in mezzo con le sue righe rosse e nere; poi le ciotole rosse con la mezzaluna, certo, cosa c'è di più “turco”? La brocca comperata ad Amsterdam qui assumerà un’aria ottomana con le sue rigonfie righe rosse e bianche lumeggiate d’oro. Bicchieri rossi, pure a rigati, ed è fatta. Menu: Hummus di ceci con Pane senza lievito cotto in padella; Senzeli kuzu guveci, terrina di carne alle verdure; Hunkar begendi o delizia del sultano, crema di melanzane; Pilaf con cipollotti e pinoli; Fava, o budino di fave di Istanbul; Budino di melone bianco al cardamomo con chicchi di melagrana; Cialde "turche" con le mandorle. Schioppetto 2007, Irancy Les Mezelos.

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Settembre 2008. La cena del ragoût de boeuf con la melassa.


Siamo in sei. La preparazione della cena non è ancora conclusa quando arrivano gli ospiti. Ho l'affanno, ha finito di lavorare da mezz’ora e non ho le idee chiare; Santa Marta, protettice delle cuoche, guarda in giù, e tutto fila liscio. Gli amuse bouche arrivano in soccorso e vengono buttati in bocca agli ospiti: dei Crostini di pane di segale con crema di castelmagno, delle Ciotoline di insalata di noci e formaggi. Intanto nel forno finisce di dorare la Zuppa di sedano rapa gratinata. Seguano l’aromatico Spezzatino di bue con la melassa che, sornione, ha pippiolato gran parte del giorno sul fuoco, accompagnato da un Pilaf di riso basmati molto profumato che gentilmente si presta a essere riscaldato senza risentirne e da un Flan di patate e ricotta dalle trippe molli e ricche che pure rotola fuori dal prodigo forno insieme con le zuppe e si mette in attesa di essere portato in tavola. Nunchesto propone un Amarone Musella 2003. Per dolce gli ottimi Travertini di Fassi, il gelataio romano, arrivati sottobraccio degli ospiti, piccoli quadrati di crema soffice e gelata coperti da un guscio croccante e fondente, e la Pie di crema al cioccolato bianco e uva, che pure affollava il forno poco prima per essere servita tiepida e disposta a rovesciare nei piatti molli trippe cremose e rotolanti chicchi d'uva. Ottima cena, che sarà seguita da qualche giorno di digiuno e meditazione.

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Settembre 2008. Intorno a una zuppiera. Con la fondue de poulard di George Blanc


Evviva le zuppiere dai grandi, rotondi fianchi, dalle sferiche cavità accoglienti, dalle superfici luminosamente irradianti. Antiche come un paiolo che fuma nella radura di una foresta, ricche e fiabesche come il centrotavola delle nozze di Cenerentola colmo di giulebbe, gloria del disegnatore di servizi di porcellana, vittoriose superstiti di sterminati servizi pian piano dissolti dai colpi di mani distratte e devastatrici che si sono arrese solo davanti alla loro grandezza. Quando ho scelto la zuppiera per la fondue de poulard di George Blanc, ho preferito per misura e ricchezza di volute quella bianca, verde e oro di cui ho trovato l’azzurra gemella nel castello di Tratzberg. Tale fondue, accompagnata da crostini di pane su cui spalmare della rouille, è così ricca di verdure, aromi e carni, da costituire una sorta di piatto centrale attorno al quale gli altri si organizzano in costellazione di astri minori. Quali altri? Nunchesto si è lanciato nel caramellare chicchi d’uva. I primi gli sono riusciti con forme assai bizzarre e barocche, con ricchezza di gusci di zucchero crestati ed eccessivi; non ho fatto in tempo a sistemarli in un piatto bianco e blu che l’ho sorpreso a sgranocchiarli mentre ne faceva di altri avviluppati da un abitino di caramello assai più smilzo e ordinato. Grande discussione tra noi, con me che preferivo i barocchi e lui che propugnava gli smilzi. Comunque, il lavorio è esitato in un piatto di chicchi d’uva caramellati e scaglie di formaggio di capra.  Poi c’erano dei piccoli timballi di zucca e mango con crema di castelmagno fuso e cappello di dadolata di pere caramellate. L’associazione sembrava assai ardita, ma i due ospiti mi hanno consolato con la loro franca approvazione. Quindi delle patate nere trovate da Er Cimotto, che cotte e affettate hanno rivelato un clamoroso, intenso viola. La ricetta è quella delle patate con la buccia con cipollina fresca e sale grosso. La farinosità e il colore di tali patate mi invita a fantasticare su future trasformazioni del seducente tubero. Infine un dolce allestito con un guscio di cioccolata e un cuore di marmellata di peperoncini piccanti, che ho battezzato Bocca di Fuoco. Poiché lo stile era “in tavola, di tutto”, ho messo in tre ciotole kiwi, mango e zenzero canditi, portati da Ricottola Lirica che era tra gli ospiti.

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Settembre 2008. Intorno a una faraona farcita di fichi.


Eravamo in quattro.  Si inizia con tutto in tavola tranne il dolce: Faraona farcita con i fichi freschiCrostini con tomini pancetta e uva fragola, Sformato verde e giallo con cresta di lollo, Crema di zucca e mango; abbiamo cominciato con uno Champagne e proseguito con un Chianti; in conclusione, il Dolce di pere di Dina.

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Settembre 2008. Una cena di pesce con le prime piogge quasi autunnali.


Volevo usare il nuovo tavolo del terrazzo, ma è venuto giù un bel diluvio. Alice il gatto ha fatto capire quanto era ora, prendendosi tutta la pioggia danzando come una menade e tornando in casa zuppa. Occhio al piatto al centro del tavolo. È una presa francese recente, da una Poterie persa nei campi del vasto merdione della Francia tra mucche, falchi e gorges, che fa ceramiche assai belle e di cui dirò tutto caso mai voleste farvene spedire uno. Dunque, tutti sotto un tetto intorno a questo menu: Tielle di totani e patate con crema di finocchio; Chupe di camarones - ovvero zuppa di gamberi - con neonata piccante; Terrina di salmone verde e rosa con insalata alla menta e salsa di yogurt e pepe rosa; Panini allo strutto profumati di salvia o alloro; Zuppa di fichi. Da bere? Un Pecorino Fonte Cupa Colli Aprutini Camillo Montori portato da Pomaurea che bazzica il teramano ed esplora cantine, il Vieris Sauvignons Rive Alte Vie di Romans 2006 amato da Nunchesto, una Malvasia delle Lipari Passito 2006 di Hauner scelta da Sulphur.

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Settembre 2007. Ancora brindisi

 
Una magnum di Perrier Jouet attende di partecipare alla festa; l’amico che ce l’ha regalata non ha potuto essere presente, ma ci incontriamo in una serata di lavoro: ecco l’occasione per aprirla e ricordare il passato compleanno. Una crema di pesche è reduce dalla medesima festa: la crosta in bianco in cui doveva andare si è misteriosamente fusa nel forno a gas della campagna ed è finita nel secchio. La crema è tornata in città e adesso è finita sopra un pan di spagna bagnato di alchermes e sotto uno strato di panna. Tra crema e panna fette di pesche, sulla panna mirtilli. Un dolce scostumato, lo chiamiamo Zuppa inglese? Servito con dei biscotti, i Cuori speziati di Barbara. Insieme a lui, una sorta di Soufflé di cui mi resta la foto e un vago ricordo: ci sono formaggi, ricotta, uova, cannella. Uno di quei piatti destinati ad essere fatti una sola volta, nati sull’onda degli amici in arrivo e del guardare in dispensa: “che c’è?”, prima di mettere le mani in pasta.

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 Venezia 2007. Invito a cena con terrina prima della Regata


A Venezia le notti sono buie, le finestre si aprono su un nero compatto, intenso. Sembrerebbe che se volaste fuori vi ritrovereste subito nelle profondità dell’universo. Ogni colore, luce, bizzarro movimento umano risalta nella sua piccolezza eccentrica e marginale contro quel nero fondo. Così eravamo noi in una serata di chiacchiere intense e concioni appassionati. Su Venezia, ovvio. La stanza risuonava di voci venete che squillanti si intrecciavano sul tavolo e rimbalzavano sulle pareti per poi disperdersi nel vicino universo. Si parlava del destino di Venezia, si diceva che è stata inventata dal niente, che l'invenzione è finita, che di invenzioni nuove ha bisogno, dei gondolieri con le loro regole senza norme, del ponte di Calatrava. Di regate. Già, perché a giorni ci sarebbe stata la Regata e qualcuno da ragazzo aveva seguito i regalanti per anni, a ogni allenamento, con le feste di paese in paese che li concludevano, con le lotte, le guerre, gli speronamenti, lo spasimo di vincere, fino all’ultimo sangue. Durante il giorno per Venezia si erano sentiti frammenti di discorso incomprensibili senza il pertinente codice. Un bambinetto seinne se ne andava col papà che gli diceva: 11? E quello: Viola! 21? E quello: Verde! Nominavano le barche, gli equipaggi, i loro colori. Come amuse bouche, sull’altana con le ultime luci e i primi venti veramente frescolini, i Friggitelli ripieni di baccalà mantecato. Poi nel rifugio della stanza gialla, un’incursione romana: Vermicelli cacio e pepe. Quindi la Terrina di fondi e sarde con insalata aromatica e dadolata di pomodori. Brioche Galante invece del pane. Poi due sapidi formaggi, Vezzena e un meridionale Caciocavallo, accompagnati dalla Marmellata di peperoncini rossi. Infine lo Strudel di pesche e mirtilli rossi, e uno Zuccotto alle fragoline di bosco portato da Nora. Vini: Sauvignon Vieris Vie di Romans 2005 e Sauvignon Ronco delle Cime Venica e Venica 2006.

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 Settembre 2007. Venezia. A cena da Cucurbita, che cucina lazucca.


A Venezia è bello attraversare la sera che incupisce guidati dalle luci rare e preziose: lampioni, finestre, pozzanghere, orizzonti. Ancora meglio se due finestrelle luminose sono promessa di una casa che vi ospiterà. Eravamo in cinque, incluso il gatto. Le foto sono dedicate alla cuoca e a lui, Ceno, un bel tenebroso narcisista, assorto in taciti pensieri, signore do un territorio che include il cornicione del quarto piano sul quale ogni tanto sparisce con passo silente, lasciando tutti in sospeso, presto dissolto nelle ombre della notte veneziana. Da quel cornicione è caduto due volte e due volte risorto: ogni volta che svanisce su quella via, ombra furtiva, Cucurbita palpita. Ma siamo tutti speranzosi nella saggezza dell’età oramai avanzata, da gatto che non si perde più dietro a un piccione. Giro per la cucina, ammirando le linee rotonde e il morbido splendore di quella economica, fino a poco fa usata con grande soddisfazione, sia di perfezione cotture che di calore prodotto nei freddi inverni; ma a Venezia la legna da fuoco è sempre più difficile da trovare. Ammiro la pentola di ghisa dalla smaltatura celestiale, anch’essa dalle cotture impareggiabili, e mi compiaccio, perché Cucurbita me ne ha regalata una ovale, rivestita di smalto di un tenero verde, la mia pentola più bella. Si parla di Venezia, come sempre. Come eludere il ponte di Calatrava? Lo abbiamo visto in costruzione, dopo aver temuto che Venezia ancora una volta rimandasse, soprassedesse. In casa di architetto, il ponte viene anche  apprezzato, pur ricordando quanto i veneziani brontolino e diffidino, come sempre. A Cucurbita lucono gli occhi e le grattatine sulla nuca di Ceno diventano afrodisiache mentre dice che è tempo di zucche, che non bisogna assolutamente perdersele; in questo momento al mercato c'è l'ottima mantovana. Perciò ci dà un saor di zucca ispirato dalla cucina di un agriturismo in terraferma, dalle parti del Brenta, raggiunto per caso dopo una lunga pedalata. Affannati e affamati, lei e Imotep ricevettero per consolazione e conforto anche un gaspacho con fredde palline di anguria e un fresco alcolico con cui concludere ogni boccone. Caddero in incantamenti. Quindi, Zucca e melanzane in saor, perfettamente riuscite anche nella congiunzione di viola e arancio. Poi Crema di zucca con lo zafferano e semi di zucca. Poi Anatra con funghi di bosco. E per finire Pesche al vino.

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Settembre 2004. Una cena con la testa quasi in Francia

Tutto nasce dal lanciarmi sulla coniugazione Faraona e gamberoni, che nel suo per me inedito mi intrigava; scoprirò che bisogna andarci piano, con le due bestie: entrambe sapide, e i gamberoni di più quando ne usi la capa, rischiano di avventurarsi verso il greve; è un piatto di cui imparare gli equilibri, non semplice; l'esordio della cena è affidato alla Vellutata di patate su pancetta croccante, ovvero alla nostalgia per una certa tazzuliella piccina e bianca con cui George Blanc, andato a trovare nella sua Bresse, iniziò il suo menu, con dentro una setosa crema di patate sopra un nascosto nido di dadini di pancetta croccante, una goduria; quanto ai Budini di zucca, qui con limone bottarga e pecorino, all'epoca ne facevo in continuazione, cambiando loro i finimenti - così chiamava i gioielli, la borsa, le scarpe di una dama un romanzo anni Trenta che lessi da adolescente; anche la Tatin di indivia merita una nota: usa l'indivia caramellata e stufata, un modo con cui l'indivia belga assume gusti ottimi, anche senza tatin; e visto che ci sto, commento pure la Ricotta ghiacciata con miele di castagno: un dolce semplice e buono che acquisii strappando una pagina di una rivista delle Ferrovie dello stato, cosa che non cessa di stupirmi.

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 Settembre 2002. Buffet Still life, ovvero natura Morta Olandese
 

Suona male, la parola buffet. Gomitate, macchie, rinunce. Ma ogni tanto si torna alle sue promesse: il dolce e il salato si affiancano, ci si abbuffa, si pilucca, si cambia commensale. Soprattutto, è possibile un’architettura del cibo orizzontale e sincronica, non verticale e diacronica. Si scoprono buoni motivi per questa presentazione del cibo, soprattutto se non si è moltitudine che lo impone; siamo stati nove. Tante cose diverse. Come metterle insieme? Oltre all'alternanza di molle e duro, caldo e freddo, dolce e salato, che altro? Soccorre la letteratura che dà all’umano agire qualche  armonia. Ago, penna, pennello, mestolo, bocca, l’importante è raccontare. Nunchesto ed io, molti anni fa, organizzammo un Buffetto – buffet piccolo, per pochi - orchestrandolo come Natura Morta Olandese. Quattro punti fermi: il décor, il pasticcio di carne in crosta con carne stracotta nel Chianti, il formaggio, la frutta (da sempre attratta da quelle still life, esploravo accanitamente la già grande ricchezza di immagini del web). Quindi pasticcio di carne in crosta; formaggi: mimolette, pecorino romano, camembert affinato nel Calvados; frutta: susine, uva fragola bianca, melone d'inverno;  confettura di arance amare, marmellata di peperoncini piccanti, conserva agrodolce di pomodori e peperoni, mostarda di pere; pani diversi: al farro, al mais, all’anice; caraway seed cake; coglioni di mulo; rughetta e pere spruzzate di pepe verde; minestra di fagioli; aringhe alla moda di Oslo; cioccolatini al peperoncino, lacrime d'amore. Mi accorgo che si ammannirono molte cose con poca cucina.
Tutta questa storia iniziò dal Pasticcio di carne in crosta: Artemisia da giovane, dopo un’infanzia segnata dalla Spaventosa Fettina, in avvicinamento impaurito alla carne iniziò da quella debellata, triturata. La nascose in una scatola di pasta croccante, dopo averla stracotta, sbronzata, stordita di aromi. Che gioia ritrovare la stessa torta nelle nature morte olandesi, magnificamente nobilitata e squarciata, le molli trippe, odorose di lucenti fette di prezioso limone, rovesciate sullo spettatore sedotto e attonito. Delizia di ciò che, nascosto, dentro, viene conquistato da chi cerca, fuori. Ricordate la fiaba? Il bizzoso prence, la stizza accesa dalla capricciosa principessa, intende sbudellarla nottetempo; la furba, l’accorta, mette nel letto una pupa di marzapane, pan di spagna inzuppato nei rosolii e crosta di zucchero filato. L’assassino, chino sulla morta, lambendo tra i singhiozzi la profumata, l’ottima, geme altissimamente: “Oh sposa mia di zucchero e miele! Oh mogliettina di rosolio e cannella! Disgraziatissimo me, balordo, malnato, grullo, che feci!”. La rediviva salta fuori dall’armadio, e tutto ricomincia. Decisa la torta, il pensiero corse ai Formaggi. Bastava guardare gli still life: paste dure, scagliose, gialle, grandi stazze, scure stagionature. Furono scelti il francese Mimolette dallo splendido arancio e con avi olandesi (il metodo di produzione è lo stesso da Edam a Lille, dove lo chiamano anche Vieux Hollande; nel XVII secolo Colbert proibisce di importare formaggi e i francesi si fecero l’ “olandese” da soli) e il Pecorino romano padre di tutti i formaggi. Un terzo fu un Camembert affinato nel Calvados, che, pur a pasta molle, offriva i vantaggi di presentarsi a forma intera e avere un bel colore bruno vellutato. Per accompagnare, Susine; non previste, ma richiamate dalla cucina dove se ne stavano nascoste da un esimio pittore presente, Guido Strazza,  per la lucentezza viola offuscata dal velo di Salomè della satinatura opaca: renderla, virtuosismo di ogni degno artista olandese. Quindi Uva fragola bianca, portata direttamente dalla campagna, dal profumo stordente. Infine Melone d’inverno, dono di amici che oramai non vanno da nessuna parte senza saccocce ricolme di verdure e frutta che rovesciano in cucina, per poi mettersi solerti a sbucciare, lavare, spargere, chiedendo recipienti di misure sempre più immense per ammannire questi diluvi. C’era infatti una vasca di Rughetta e pere spruzzate di pepe verde. E Pomodori pachino, che all’epoca delle nature morte erano curiosità da orto botanico, ma quelli mandavano bagliori rossi e verdi che hanno permesso di portare in tavola un piccolo tino di ceramica azzurra e blu trovato anni fa ad Amsterdam. A fare la parte del dolce c’erano composte: Confettura di arance, marmellata di peperoncini piccanti, conserva pom-pep (pomodori e peperoni) agrodolce e con lo zenzero, mostarda di pere. Si consigliava di accompagnarle con i formaggi, ma potevano anche piovere da sole sulle fette di consistenti, scuri Pani diversi: al farro, al mais, all’anice.
Insieme a questi, un Caraway seed cake, un pane dolce al profumo di carvi che accompagna bene salati e salumi. Quindi coglioni di mulo, budello ripieno di carne di maiale magra macinata fine, con dentro una barretta di lardo che mantiene la carne magra fragrante. Alcuni lo mangiano dopo averlo immerso nel vino rosso per due giorni. E’ sia umbro che abruzzese, lì si chiama mortadella di Campotosto. Si pensa origini da famiglie contadine abruzzesi, fedeli agli insaccati di mulo, e si sia poi affermato anche verso Norcia. Ovoidali e legati a coppia, ricordano i testicoli del prezioso equino, e quella sera testimoniavano la nostra indole rustica, anche se ci si avvicinava alle tavole dei ricchi.
Che altro? Una Minestra di fagioli – fagioli, odori, un pezzo di prosciutto, e quando tutto era cotto (è stata raffreddata, il prosciutto sminuzzato, sgrassata e di nuovo riscaldata, né messo altro grasso oltre a quello del prosciutto) un paio di larghe manciate di prezzemolo e cipollina fresca. Annibale Carracci si infilava tra i pittori del Nord. Poi Aringhe, previste nelle nature morte, anche se non nella foggia in cui sono state presentate: con panna e mele, alla moda di Oslo. ll filo conduttore non filologico procedeva infatti per libere associazioni e c'erano anche due ciotoline, una con Lacrime d’amore, un’altra con Cioccolatini al peperoncino, a ricordare i sentimenti e la loro importanza anche nel XVII secolo. Quanto al décor, oltre al citato tino di ceramica celeste e blu, si disponeva di vari appropriati bicchieri, i romer con rilievi antiscivolo per mani incerte di bevitori sul punto di perdersi, di opportuni argenti con aria secentesca, e di altri ammennicoli chiamati a far figura, come un limone che srotolava la  buccia a ricciolo, tal quale ai mille che così fanno sulle tavole ed entro i bicchieri dei quadri olandesi, e di un coltello in bilico sull'orlo del tavolo, altro pezzo forte delle still life in questione. C’era poi un ospite olandese, ma fu pura fortuna. Quanto ai vini,  arrivarono, pensando alle aringhe, un aromatico, secco Gewurztraminer Saint Valentin St. Michael di Eppan 2001 e  pensando al pasticcio, un rosso San Fabiano Calcinaia, Chianti classico 1999, profumi fruttati in armonia con il Gewurztraminer, ma con sapori minerali nel retrogusto.


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Settembre 2001. La cena dei Seni di Sant'Agata


Eravamo in undici. Si giocava a fare piatti come Le Dita di Nettuno o Gli Occhi di Santa Lucia. Triglione Nebbioso inventò dei Seni di Sant'Agata fatti di mousse di mozzarella, con in cima un pomorodo ciliegino, e li portò. Menu: Seni di Sant'Agata, Minestra di zucca col pimento, Baccalà con i peperoni, Spuntature all'arancia, Pizza di cipolle uvetta pinoli, due Dolci Dimenticati. Considerazioni: sembrerebbe un menu eccessivo, ma seguo la filosofia di non fare piatti in grandi quantità; se si è più di pochi  raddoppio i piatti, ma non le quantità, poi faccio sequenze di piccole porzioni. Rivedendo questi vecchi menu mi accorgo che ci ho messo un po' a dedicare ai dolci la dovuta attenzione.

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Una mista compagnia; siamo in sei: un navigatore, una fidanzata, un avvocato, una signora bene; tra le diversità, un sentimento amichevole tiene; si parla di disastri italiani (perpetui, ma non sapevamo ancora cosa sarebbe arrivato) e di viaggi in barca a vela in solitaria, dove puoi pensare che quelli non ti riguardino più. Il menu è come li facevo all'epoca, ottocentesco: che ci fanno una terrina di carne e una di pesce? Ero matta? Certo stavo sperimentando terrine, una fissa ricorrente. Mentre sul dolce ero molto distratta; ho forti sospetti che un ospite fosse arrivato con qualche pacchetto in mano. Menu: Terrine d'aubergine; Gnocchi (o gnudi) di ricotta e borragine; Terrina rombo salmone  e porri con citronette; InsalataTerrine auvergnate o terrina blu con verza, maiale, prugne; Puré di verza; Marmellata di cipolle speziata di Michel Guérard; Dolce innominato; Collio Doc Sauvignon Pighin,  Castello Banfi Centine Rosso, Passito di Pantelleria Kamma Salvatore Murana.


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