mercoledì 2 novembre 2016

Tutti menu di Novembre di AAA

 
Arrivano una nipote, un marito di nipote (nipotizzato?), un pronipotino nuovissimo, da Milano. Due nipoti romani si aggiungono. Spuntino! Spuntino! Tutto sul tavolo: Crema di zucca (la ricetta aggiunge radicchio tardivo di Treviso, qui non ci fu; crema basica); Pizza di ricotta e pane, gratinata (era un secolo che volevo provare questa ricetta di Isa);
Sformato di zucchine di Cecilia; Ciambellone enorme con top zuccherato (erano due secoli che volevo rifarlo).. Uhm, che facciamo, si torna a cucinare? Quasi. 

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Affidiamo lavori, cerchiamo passaggi. Sul tavolo un kanga che forse dice: Non voglio più parlare per te, oppure: Finirai per parlarmi alle spalle perche non sai affrontarmi; sopra il kanga: Palline di formaggio con uva e pistacchi (hi, un buon recupero di palline che amavo anni fa); Pane guttiau (ah, uh, quanto è buono, quanto è semplice, quanto è miracoloso!); Zuppa di zucca con kaffir lime e gamberi (uhm, uhm, un buon esperimento);  Spiedini di pollo indonesiani con riso basmati (da perfezionare, ma valevolissimi, aggiungo qualche hum hum); Radicchio tardivo stufato alla bloody Mary (buono come sempre); un Dolce siciliano morbido, profumato d'arancia, un po' soffice, un po' crumble, portato da Sonia; Crema di gelato al liquore, con un certo mix di cioccolati e un po' di pistacchio, che schiaffo nella brocchetta d'argento e che mi permette di tirare fuori dalla credenza le piccole colorate tazze che vengono dall'Uzbekistan.

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Due piccole barchette - Rivista 1 e Rivista 2 - raccolgono a bordo articoli di impavidi autori che scrivi scrivi vogliono dare un senso alla furia dei tempi, veleggiando di bulina tra i flutti dell'ingravescente disinteresse alla lettura dell'accademia, che a furia di instupidire si strozzerà, e le correnti di qualcuno che, avendo interesse per i problemi del mondo, comunque cerca di cavare i suoi ragni dal buco; i marinai si riuniscono per studiare portolani, approdare in terre incognite e  schivare il Maelstrom, il Leviatano, il Nautilus, il Kraken, Tiamat, la Balena-Isola, Miðgarðsormr, Scilla e Cariddi, Umibōzu, gli Unktehila e ogni altro mostro abitante gli abissi (o forse per incontrarli?). Insomma, vanno rifocillati, perciò ecco che sul tavolo, su cui ho steso un kanga con una scritta che promuove le unioni, compaiono: Palline di ricotta in brodo (buone, belle, bambinesche, confortevoli, le volli questa volta in brodo verde ramarro); Boeuf Miroton, da Courtine (fatto e rifatto, la miglior morte sua del lesso, forse); Patate al vapore ripassate (anche loro brave, buone, affettuose, ricordo d'infanzia); e infine la Torta Plesniak, Torta Slava (una novità, ma anche la ripresa di una sequenza, poiché è preceduta in AAA da cugine e sorelle croate, istriane).

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Pipinara 2 è nuova di zecca, è un confettino appena uscito dalla fabbrica, dedichiamo una serata a conoscerla, ed eccola tutta rilucente e serena, ancora è lì che sente le arpe degli angeli, appena appena si accorge di noi e forse per niente, è di una bontà sovrannaturale. Più Pipinara 2 fa così, più Pipinara 1 si dispera. Il primo che dice che l'infanzia è l'età della spensierateza merita il premio NCNV (Non Ho Capito Niente Della Vita). Chiedete a Pipinara 1, che ha appena due anni e pochi mesi e già deve sorbirsi una sorella che per sovrappiù è la settima meraviglia, e benché coraggiosamente tenti di fare buon viso a cattivo gioco, e nessuno l'ha ancora beccato a tentare di spingere la carrozzina giù dalle scale, come avrebbe tutti i diritti di fare, ha passato una sera a dire di no a tutto ciò cui poteva dire di no, visto che lì, su quell'unico punto di capitale importanza, gli toccava dire di sì. Tutti no, tranne che a un bel pacco presto trovato grazie alle sue capacità di sveglissimo detective, a un gioco che era proprio tutto per lui, per fortuna. Poi c'era anche un nuovo libro, di cui parleremo poi, ma insomma, un altro nato. Nuvola per non essere ridotta a pet, sbirciava da prudente distanza. Mentre si consumava la tragedia, gli altri mangiavano le seguenti cose: Crostini 'nduja e uvetta; Zuppa di pane carasau carciofi e luganega; Pasticcio croccante di ricotta, patate e salvia; Crostata con la frutta secca; Coppette di gelato.  

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 Novembre 2019. Ancora una volta un kitenge ci ricorda il mondo
 

Promemoria sempre più indispensabile; e accoglie convivialità laboriosa: un'intera Ricotta (mai più senza ) freschissima, un tegame di Ribollita, il sacro Pane carasau, una grande Crostata con frolla speziata e cioccolato
 
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Novembre 2019. Aridaje tre una crostata per venti, un'intera ricotta, un caffè
 

Nel giro di pochi giorni, tre incontri uno dietro l'altro, ognuno degno di un tavolo imbandito; più o meno imbandito; qui ci accontentammo. Eravamo in venti. Sul tavolo una Crostata allo zenzero per venti (della marmellata d'arancia fu frullata con dello zenzero fresco), un'intera Ricotta di pecora freschissima, da affiancarle a cucchiaiate, del Caffè e del (e qualcuno, con grande soddisfazione, immerse bioccoli di ricotta nel caffè). 


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Novembre 2019. Questo ce lo dobbiamo spupazzare un po'
 

Lui dice che Roma è la sua città, ma di fatto è un salernitano che vive da anni a Lecce, e mo che qualche giorno della settimana lo deve passare qui, non mi pare poi così felice, tanto che subito ci  dice che sì, sta qui, ma poi sta pure lì, e infine che lui è sempre in giro, in Italia e fuori Italia, e così certo Roma è la sua città, ma mettetegli il sale sulla coda. La moglie ride di tutta questa irrequietezza e se ne sta nella bella Lecce, che non molla manco morta, dolce com'è come il miele, e vicina a un bel mare, e piena di ricci barocchi. In conlcusione, un po' orfano è, e quando passerà di qui, ce lo dovremo certo spupazzare un po'. Cominciamo così: Zuppa di zucca, porcini e carta da musica; Stiracchio o francesina; Patate al vapore ripassate; Torta Plesniak, Torta Slava.

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 Novembre 2019. I tre strateghi
 
Con i tempi che corrono, o ti spari, o ti incazzi, o ti impegni a cavare un senso nel casino che fanno gli umani. Forse come tre saggi del villaggio, tre anziani, ci siamo messi a cercare il ragno da cavare dal buco. In mancanza dell'albero prottettore, della quercia sacra, ci siamo raccolti sotto una bottiglia di Champagne e una pianta d'erica. Sul tavolo: Pane carasau; Vellutata di zucca latte di cocco e lemon grass; Ragù speziato; Soufflé di ricotta patate e pepe selvaggio del Madagascar; Arance in insalata; Crema di gelato al liquore  

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Novembre 2019. La casa comincia ad avvolgersi delle dense ombre piene di fantasmi invernali
 

La casa comincia ad avvolgersi delle dense ombre piene di fantasmi invernali che ne moltiplicano gli spazi, la vita che l'estate promette tutta di fuori si addensa tutta di dentro, aspettiamo gli ospiti che dalla bella Lecce color miele si avventurano nell'aspra Roma, dove intrigucci di palazzuccio e di scantinato replicano come tremuli teatrini di carta la vita dei Cesari, anche nei piccolissimi mondi che oggi costellano la città che si disfa lentamente; ma con loro, una coppia, c'è una piccola elfessa puntuta, una figlia, che li risveglia continuamente. Peccato non le piacesse il piccante, la zuppa di zucca non era male. E poi - dannazione della zucca! ne ha trovato gli odiati semi nel crumble, ma non faceva che rassicurarmi: è tutto buonissimo, si vede a occhio nudo, non crucciarti se basterà guardare con quello. E andava pettinandomi con sapienza, ci mancava poco che mi mettessi a ronfare. Capisco che in famiglia la tengano in considerazione. Menu? Eccolo: Crostini con gli ovoli, chiesti da Nunchesto preoccupato che non ci fosse nulla ad accompagnare lo Champagne, che anche per farmi piacere, mai più fu rovinato a casa nostra in brindisi finali, ma sempre si presenta appena si inzia, con un amuse bouche. I crostini furono cura di Teo, affidati a lui che oramai anche con i crostini ci va forte. Poi una Zuppa di zucca gratinata alquanto piccantina, poiché un solo cornetto peperoncino si rivelò diabolico e arse una quantità considerevole di zucca come niente fosse; aggiungo però che certe gratinature pare che io abbia finalmente capito come si fanno. Quindi Spezzatino al vino rosso con la Slow Cooker, poiché volevamo rilassarci, far fare a quella, e ci riuscimmo in parte, che la pentolaccia la debbo capire meglio. Per compagnia, le sacre Patate al vapore dell'infanzia, un pentolone che sembrava non giungere mai a cottura, e meno male che partimmo alle sette, con i fuochi. Infine un Crumble alle visciole e semi di zucca per le cotogne per le cotogne che coniugava due amori: il crumble che finalmente ho capito come si fa, e le cotogne che pure mi ricordano l'infanzia.

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Novembre 2018. La cena del sartù di Ida
 

Ida è ligure - aspettatevi torte di verdura squisitissime eccetera - però si prende cura di un napoletano con competenza e affetto; quello disse la parola "sartù" e lei non ci pensò due volte, si buttò sul ragù della di lui zia Elvira (raccontato per filo e per segno in AAA) e sulla Bibbia della cucina napoletana di Jeanne Caròla Francesconi, e fece un sartù che sia lui che noi mai ci eravamo sognati di mangiare, e che resterà nella memoria. Perciò, viva Ida e la cena del sartù. Menu: Torta affumicata con la zucca, Sartù di Jeanne Caròla Francesconi, Patate e carciofi, Formaggi francesi, Taralli, Pane scuro, Crostata di marroni, ricotta e cioccolato.

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Novembre 2018. Autunno fervido
 

Siamo di nuovo in tanti, vecchi e giovani, belli e brutti, ma tutti vispi, e lavoriamo insieme. Tutto sul tavolo. Poi si spera che i gentili ospiti, afferrate le belle posate, facciano belle fette e bei piatti, e con garbo porgano e prendano, mentre io li guardo tranquilla, come da soffice nuvoletta che indugi tra lampada e soffitto. Ricette che non facevo da una vita, o che aspettavano da una vita di essere fatte: Tourte aux trois fromages. Crostata ai tre formaggi; Focaccia leccese (finalmente la provo), Crostata di marmellata d'arance e cioccolato fondente (questa è una vecchia ricetta attraente per l'estrema semplicità e l'inevitabile bontà, ho grilli per la testa su come farla più bella), Crostata amandine di mele annurche con la buccia (anche questa è del passato, la ricordavo appena; la dovrò rifare: mi pare di aver capito come potrebbe diventare buonissima). 

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Novembre 2018. Seminari e spuntini a rotta di collo
 

Che succede quando vogliamo uno spuntino bello, uno spuntino buono, uno spuntino confortevole, e al contempo si va a rotta di collo? Che ce lo ficchiamo dentro comunque, tra carezze e martellate, tra Artemisia che si affanna (accademica com'è), Teo che cucina, Cecilia che fa le porzioni, Francesca che cuoce le uova, Nunchesto che fa il coppiere, Micia che partecipa. Quale era questo seminario? Uhm... a furia di averne uno dietro l'altro... comunque, sempre si arpeggia il tema agrodolce della spinosa convivenza. Sul tavolo: Piccola Vellutata di spinaci e patate, una sosta in coppetta cremosa e calda; Pani scuri e aromatici di Bonci; le sempre benedette Uova in purgatorio; il Burek bulgaro agli spinaci e feta. Una turcheria a spirale, versione pasta fillo; Milk tart, Melktert, Sud Africa, un ricco flan sudafricano.

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Novembre 2018. Sfamare di corsa otto boccucce
 

Fino all'una non mi ricordavo che la sera avrei dovuto sfamare con qualche piccola cosa otto boccucce. Per aggiungere meriti e patos: dalle 14,30 alle 20,30 lavoravo. Menu (si fa per dire): Chiocciola bulgara, ovvero Banitsa, la chiocciola di pasta con yogurt e feta. Bulgaria (vedo dopo che qualcuno ci mette su un giro di miele: colpo di genio, così è una sorta di seadas bulgara, il miele deve stare diddio con l'acidulo del ripieno, la rifarò presto in tale foggia); i Supplì più buoni di Roma (Sisini trasteverino, un vicino impagabile), Panelle di Cecilia (sempre così gradite); Balouza con le ciliegie; Lingue di gatto. Rifare la balouza - il budino medio orientale fatto di acqua maizena zucchero acqua di rose, qui con aggiunta di ciliegie essiccate - mi ha dato grande soddisfazione: velocissima, fatta di nulla, miracolosa, bella, buona.

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Novembre 2017. Spuntino con due piatti monumentali
 

Avevamo motivo di celebrare Sigmund Freud, e ciò si è conciliato magnificamente con il progetto di fare una monumentale torta di mele che nella tradizione, poiché veniva portata nel forno comune del villaggio, richiedeva di essere marcata con le inziali di famiglia. Guardate bene, e vedrete una S e una F. Insieme a essa, un timballo pure monumentale e poi basta, perché mi saltò in mente che fosse il modo più semplice di nutrire un imprecisato numero di amici. Sul tavolo, insieme al cagnolino del Signor Bonaventura di Martinuzzi, tutto nuovo: Turbante di scrippelle con carciofi e polpette e Pompe aux pommes, ovvero grande torta di mele cotogne con pasta brioche. Auvergne.
  
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Novembre 2017. Un compleanno dopo l'altro e il filetto Wellington
 

Il giorno prima era il compleanno di Dolcesca e il giorno dopo quello di Marco; ci capita di festeggiarli insieme, questo ci piace assai. Menu: Le Pounti, terrina con verdura, carne e prugne dell'Auvergne; Caraway seed cake, cake al carvi, che sta benissimo con un Salamino; Bœuf Wellington, Filetto alla Wellington, Christmas Beef Wellington, poiché questo filetto, ovvolto in crema di funghi, prosciutto e pasta, per la sua richezza e opulenza deduco sia spesso sulle tavole di Natale; Sedano rapa gratinato con il brodo di agnello; Pompe au pommes. Torta di mele dell'Auvergne.

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Novembre 2017. Un tortano e un tarte au chocolat; che volere di più.

 
Tutti intorno al tavolo - una decina? Un po' di più? - a parlar di anomia, pensa un po'. Un seminario, ancora, non la finiamo più. Io come spesso non so quanti arriveranno e sbircio la porta che si apre per vedere quanti ne compariranno. Sul tavolo, su una stoffa tanzaniana piena di lampadine, un Tortano e una torta al cioccolato, anzi una Tarte au chocolat, il Dolce al cioccolato di Marie Claire, che viene da un remoto passato dove per imperizia - montavo con furia - non faceva che esplodere; adesso sta dove deve stare, rugosa ma quieta e composta; dovrà solo imbellire con una vestarella di glassa. Intorno, dei Ravanelli, dei Pomodorini, della fresca Ricotta di capra.

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Novembre 2017. Un seminario con una torta di compleanno
 

Dal baule esce una stoffa Marimekko comperata a Helsinki un milione di anni fa. Ricordo la commessa, un'italianetta andata ad abbeverarsi alla fonte del design finlenadese, rilucente di entusiasmo e giovinezza fiduciosa, il negozio luminoso e scintillante di colori, noi giù a comperar stoffe alla fine di un viaggio ovattato, tutto boschi e laghi e fiumi, un labirinto. La butto sul tavolo di un pranzo domenicale che è al tempo stesso la sosta di un seminario e un compleanno. Ci vuole una torta festosa. Ne recupero una che prometteva bene ma che non era ancora a punto, le dò una sterzata che avvicina il risultato a ciò che deve essere: sul tavolo va una luccicante luna nera, un girasole con puntuti petali rossi. Rifaccio anche il Caraway seed cake, cake al carvi dolce, che si sposa bene con il salato, e lo accompagno con un Salamino sopraffino; riedito pure un timballo di già fatto, ma con una procedura diversa, il Timballo di scripelle con polpa di agnello; continuo a esplorare l'Auvergne con Le Pounti, terrina con verdura, carne e prugne ; accompagno pounti e timballo con una Salsa di pomodoro; infine, per la festeggiata, la Torta ai marrons glacées vestita a nuovo. 

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Novembre 2017. Un amico romano diventa veneto


E ci fa conoscere la causa: Marina. Si discetta di vini: Nunchesto veronese e Marina, che se ne occupa tra le colline veronesi, parlano fitto; Fiammetta, Vincenzo e io ci consoliamo chiacchierando di invenzioni di miti, di tradizioni immateriali: come tenere in vita un canto antico? Continuare a ricantarlo e reinventarlo: noi siamo pronti a darci giù da subito. Tutto è contemporaneo: il nuovo, il vecchio. Diavoli a cavallo e indivia belga con pancetta; Pane uzbeko con i peperoni gialli; Timballo abruzzese di crêpes e lenticchie; Pollo allo zenzero, arancia e lamponi; Papaia in insalata Supercrostata di ricotta.

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Novembre 2017. Un piccolo pranzo con trepidanti tartine.


Un trepidante Nunchesto ha sentito voglia irrefrenabile di far tartine, ma dato il lungo lasso di tempo che lo separava dall'ultima prova in tal senso, dubitava di sè. Tuttavia, la mente volta al suo maestro, Amedeo, circondato da innumerevoli cartocci e vasetti, brontolando che non aveva nulla a disposizione, assemblò, mescolò, spalmò. Vennero ottime, e il cielo splendette. Menu: Tartine di Nunchesto irriproducibili, con ogni che, Mezze maniche cacio e pepe, Torta di marmellata di castagne e lamponi. Finimmo con un Tè alla menta.

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Novembre 2016. Spuntino novembrino
 

La dolcezza del mese dei morti, dei crisantemi; il nuovo vaso palermitano - grusone si chiama, come il cactus - con la bella erica che sembra nascere lì, e una piccola cena di soli due piatti, anzi quattro: Budini al vapore: con erbe e culatello, con gorgonzola e composta di cipolle, Lasagne di pesce con cappello di sfoglia, un'Insalata di carote, delle Mele al forno avvolte in pasta sfoglia.  

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Novembre 2016. Spuntino con gattò di patate.


Dedico lo spuntino al Gattò di patate fatto secondo le indicazioni di Janne Carola Francesconi, il cui malloppo alloggia nella mia libreria e di cui apprendo che era anfitriona di memorabili di conviti (mi pare essenziale). Ho infine capito che il gattò deve essere setoso. La setosità della patata è la sua cifra: quindi passarla, passarla, passarla, e rassodarla il giusto, per non compromettere la setosità appunto. Il gattò era accompagnato da una Tarte au potiron, una pumpkin pie con accortezze francesi che non facevo da anni, e da un Timballo di capellini, un piatto che cucinavo da tempo senza sapere che ce n'è una versione siciliana tal quale alla "mia", solo che aggiunge piselli al prosciutto e mozzarella: questa volta l'ho sicilianizzato. In tutto tre ruoti sul tavolo per uno spuntino di lavoro, tutti e tre contemporaneamente.

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Novembre 2016. La cena delle ricette di AAA
 

Pomaurea Abduana ha ospiti a cena. Cucina un piatto di Artemisia Comina, uno di Isolina, uno di Nepitella Partenopea, uno di Marina Vizzinisi, tutte le ricette vengono pescate su AAA, tranne il dolce portato da Fiammetta. Menu: Crema di carote e panna, Polpette al limone, Salsicce in umido della zia Zaira, Riso pilaf alla cannella, Torta cioccolato-pere-cocco, Tisana allo zenzero, Decio, Champagne Moncuit.

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Novembre 2016. La cena dell'agnello.


L'autunno va scivolando via, siamo indaffarati come vecchi soldati in lotta con i tempi. Qui si trama per un pezzetto di casa che va crescendo alle radici della vecchia, ci facciamo anche una puntata tra calcinacci e odore di muri nuovi. Due soli piatti, tutti e due con l'agnello. Io faccio un Timballo di annelletti con ragù di agnello con l'astrattu, a Dolcesca torna in mente una Torta d'agnello ed erbe mangiata a Creta: riuniamo i due tondi sul tavolo. Poi ci unisco una terza luna: una Crostata con frangipane e pere caramellate.

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Novembre 2016. Piccolo pranzo, grandi vini
 

Con una ricetta di grano condito. Pranzo per pochi amici, dopo un lungo periodo di  forzosa non convivialità. Ho fatto il Grano condito : un piatto che risultò assai gradito e che personalmente amo molto. Prima del Foie gras con insalata mista con olio d'oliva, sale e aceto di lampone accompagnato da Pane scuro ai semi di girasole. Seguì il classico Peposo dei fornaciai dell'Impruneta che, questa volta, forse perché cotto nella grande Staub ovale era davvero eccezionale. Per accompagnare il peposo ho preparato le Patate schiacciate, più rustiche di un purè, che mi sembrava si adattassero meglio; anche se i bravi teracottai certo non mangiavano patate a quell'epoca, e certo intingevano nel ricco sugo grosse fette di pane, e credo proprio e io avrei fatto altrettanto. Per finire, la mia ormai classica Coppetta di mele allo sciroppo d'acero. Questa volta però i biscotti usati erano amaretti e direi che così va anche meglio. Dopo uno spumante iniziale, si proseguì con due grandi vecchi vini: un Chateau Larmande, Saint Emilion del 1989 e un Chateau Gruaud Larose, Saint-Julien del 1985.
 
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Novembre 2016. Un pranzo veloce ma di soddisfazione


Ancora una volta intorno a un tavolo tra una relazione e un'altra, perché anche i colleghi hanno bisogno di amicizia. Menu: Zuppa maritata di porri e radicchio; quasi una vichissoise calda, ma le patate sono schiacciate e non proprio un purè, e i crostini di radicchio hanno uvetta e prugne. Polpette al curry con mela e cipolla, accompagnate da noci e dalla chutney di Babington, una chutney magnifica. Terrina di broccoletti; in teoria doveva essere una mousse, ma come spesso capita quando consegno l'esecuzione a Teo il piatto cambia, e la consistenza era da terrina da affettare e non da mousse da prendere con il cucchiaio: andava bene anche così. Radicchio stufato con uvetta e prugne. Mele farcite con scialle di crema pasticcera; un piatto che facevo da ragazzina e che ho riprovato fino a che non si è reincontrato con la memoria che ne avevo.

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Novembre 2015. Il pranzo dei seminaristi soddisfatti


Siamo in nove; finita una mattinata seminariale, tutti a pranzo da noi: siamo vicini. Siamo soddisfatti? Sì, consola tentare di dare un senso al mondo che incombe e sfida con la sua follia. Ogni cosa è pronta per un menu vagamente etilico: Fusilli con cipolle ubriache, alle spezie e all'Amarone; Involtini di vitello, prosciutto cotto, cioccolata e Lagavulin  con "Strapazzata" di ricotta e patate (ricotta e patate schiacciate, in padella, con un uovo e due bianchi, cotte e stracciate), Fettine di filetto di maiale ai due carboni con broccolo romano, Sfogliata dolce di ricotta con sfoglia caramellata. Lis Neris Picol e Gravello.

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Novembre 2015. La cena dei ritrovati amici.


Siamo in cinque; passiamo la sera a parlare di quattro gatti, tutti nuovi; una di quelli, Nuvola, è con noi, lucente di una impaziente giovinezza; siamo vecchi amici, è passato troppo tempo dall'ultima volta, quel tempo che è prezioso molto più di una gemma; parleremo anche del mondo che digrigna i denti in smorfie grottesche, appena fuori dalla finestra intravediamo i suoi occhi ciechi che ci guardano. Anche il menu attraversa l'Italia, ma arriva in Francia: Farinata ligure di zucca; Pizze fritte e Fritti di broccolo romano; Pasta e patate napoletana, Canard rôti aux pommes; Fagiolini con pesto di noci basilico menta; Crema di cachi ghiacciata e crema di cioccolato al peperoncino bollente, un ricordo di Pan dei morti lombardo. Amarone Zanoni, Picol Sauvignon Lis Neris e Champagne Moncuit ma per iniziare, che così piace a Nunchesto ultimamente.

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Novembre 2015. Il pranzo di Teo

 
Sabato eravamo a un seminario vicino casa; nell'intervallo invito tutti a pranzo - ha cucinato Teo. Il tavolo nero si apparecchia in un attimo, metto tutto sul tavolo, le amiche fanno le porzioni, Nunchesto serve il vino. Vellutata di zucca, ottima; Polpette al curry, ottime; Pilaf, ottimo; Broccoletti lessi e olio nuovo, che lo dico a fare? E infine la Pizza di mandorle di nonna Gigina - mandorle e zucchero in uguale quantità, uova, niente farina - va be', quella l'avevo fatta io. E se passassi la mano e mi mettessi a invitare in tutto riposo? (Tentazione). La gatta nuova di zecca, Nuvola, esplora e poi si acquieta tinta su tinta.

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 Novembre 2014. Una cena quasi Zanzibar, anche in onore di un kanga rosso
 

Questo rosso, questo nero che fanno irruzione in una stupita stanza romana, sono colori d'Africa. L'Africa della Tanzania, quella di Zanzibar. Dove anni fa, a metà Ottocento forse, le signore inventarono il kanga, grandi fazzoletti rettangolari  dapprima bianchi e neri come le galline faraone che ruzzano lì per ogni dove (e poiché le umane se li misero addosso, si dice che le stoffe vennero chiamate col nome di quelle, le pennute, per similitudine non solo di colore, ma anche di vivacità e chiacchiericcio) poi invasi di colori; con scritte, come mondo mussulmano amante di scrittura vuole, prima con caratteri arabi, poi latini; in swaili; scritte che parlano di tutto, stati d'animo, sentenze, dichiarazioni di fede reliogiosa e politica, insomma manifesti, telegrammi la cui frequente ambiguità di significato ne accresce i messaggi, e con cui ci si esprime, si parla avvolgendovisi; ma non solo i corpi, anche gli oggetti, le cose, le case possono essere avvolti, trasformati dal kanga; nulla - si dice - può essere regalato a un'amica che sia meglio del kanga: le dirai molte cose con una stoffa; e poichè spesso il kanga sono due rettangoli, uno è per te, uno per lei. Anche i disegni parlano: qui ci sono grandi teiere nere, e la scritta dice qualcosa del tipo: in nessun luogo come nella nostra casa; e così, volendo fare una cena Zanzibar, ho messo sul tavolo un kanga; anzi, questo kanga (un'altra cena Zanzibar ha visto un differente, magnifco kanga verde e viola verzuruto, evocante invece la forza della foresta). Scopro sempre di più le ricchezze dell'ignota Africa, e le sue cucine mescolate, specie se sull'orlo del mare, specie se il mare è indiano, e da lì arrivano la Persia, l'Arabia, l'India, la Cina. Insieme con la fertilità tropicale e il mare, si creano piatti di grande suggestione. Il menu non ha nessuna ricetta presa alla lettera, tranne il riso al cocco; i gamberi sono una versione al cocco di un'altra ricetta, ma scommetto che la versione al cocco esiste: il latte di cocco viene usato amplissimamente; in questo menu è onnipresente. Menu:  Bisque di gamberi al cocco Riso al cocco,  Focaccia di grano saraceno, Gamberi al cocco Mousse di pere al cocco.
 
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Novembre 2014. Una cena che evoca l'Auvergne, con chou farci.


Cecilia, Fiammetta, Saro, Andrea, Nunchesto, io. Direzione Redazione Riviste. Fare il punto. Viene alla mente lo chou farci, chissà perché. Ho nostalgia di tutto, vorrei tornare dovunque, ecco l'alto volteggiare di aquile dell'Auvergne, le case di pietra lucente sotto la pioggia, rossa, bianca, bruna, a rigare le mura; e con loro lo chou farci. Ecco che, infiniti anni fa, scompongo e ricompongo una verza dopo averla farcita, non so più in quale cucina; ricordo l'avvolgere, lo spago intorno; ma tutto quel bollire non gli giova, voglio sfogliarlo tutto, metterlo in forno, vederlo dorare. Ricordo  L'Ambassade d'Auvergne, Parigi,  anche qui anni fa, un quartiere buio, quell'unica luce, un locale d'antan, il nastro dell'aligot, lo chou farci sapidissmo. Metterò alla prova la sacra Staube grigia di ghisa, così bella. Altre memorie: una terrina blu che era uno chou farci terrinato, mangiato freddo; quella volta una verza violacea in cottura divenne di un intenso blu, stupefacendomi. La ricetta di quella terrina sarà un forte ispiratore di questo chou, che però voglio caldo, dorato. Anche questo nella ghisa, quella della sacra Staub, appunto. E poi ho del Cantal, vorrei fare l'aligot, ma infine propendo per una seducentissima zuppa con l'aglio, 16 spicchi, che chiede Cantal sopra. Anche questa nella ghisa, quella del wok; tanto aglio, tanto porro, e - come resistere - della gelatina dolce alla lavanda, quella che vende la vecchissima suora ricurva del convento di Santa Cecilia, e che fanno con le lavande del chiostro. Sotto metterò fette di pane al cardamomo, quello che facciamo in casa. Cerco un dolce: certo, la rustica Auvergne poco ci sta, coi dolci; trovo le tradizionali pompe, il pane arricchito di frutta di tutte le regioni rurali francesi; e poi alcune versioni elaborate, successive, che hanno un nome fantastico, le piquenchâgnes, che sarebbe "le jeu de « châgne dret » ou de « chêne fourche », auquel Rabelais fait jouer Gargantua)" e da lì,  "le nom de cette pompe sucrée dans laquelle on pique des poires toutes droites.": in questo caso nel dolce si infiggono pere intere, ad esempio facendolo di crema avvolta in sfoglia e facendo buchi nella sfoglia per infilarvi le pere; tentenno e infine opto per una versione semplice, più pompe che piquenchâgne, ma non è indovinata, tanto che neppure la registro: grossi pezzi di pera alla vaniglia avvolti da una brisée molto burrosa, questa sì seducente, e la annoto. Dimenticavo: da mangiare col bicchiere di champagne che Nunche offre agli appenna arrivati, la focaccia di grano saraceno. Per la tavola cerco pizzi e ricami, ma colorati, montagnard, come immagino una tavola in quelle case di pietra. Il menu: Zuppa d'aglio con il Cantal, Focaccia di grano saraceno con lardo e rosmarino, Chou farci con coulis di carote, Purè di mele allo zenzero e Verza rossa stufata con prugne e mele. Pompe aux poires con gelatina di limone caramellata.

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Novembre 2014. A cena su un tappeto volante.

 
Tovaglia tappeto volante per una casa di passaggio, bicchieri colorati e una coppia di fidanzati nuova di zecca. Invita Pomaurea. Menu: Formaggi, un verde e un ubriaco; Pasta con pistacchi e bottarga; Terrina di carote; Maiale ai porri con l'anice stellato; Insalata di cachi mela, foglie, nocciole tostate. Artemisia porta seco Nube temporalesca, una sontuosa torta di cioccolato.

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Novembre 2013. Cena con Timmàla di aniddùzza e riflessi
 
Il fascino dei timballi siciliani mi porta a cercarne di un tipo e di un altro, ne fo uno buonissimo da Profumi di Sicilia di Giuseppe Coria, un librone pesantissimo e costosissimo che mi sono tirata dietro da Catania, una Catania vista solo per un momento sotto un sole fresco e magnifico, e per ora sto ancora a desiderare di vederla meglio; mi consolo col timballo. Menu: Crostini di pane ai semi, camembert, noci, gelatina di moscato; Timballo di anellini.Timmàla di aniddùzza; Trippa in frittata (un piatto inedito e imprevisto, ma riuscito, che nasce da un incontro tra me, Teo, la fretta, delle uova e della trippa); una Potée di verdure assai buona;  una Sbrisolona ai pistacchi  (assai buona, aridaje) con  Crema di yogurt e muscovado; Castagnaccio con pinoli, uvetta, rosmarino, portato da Polsonetta.
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Novembre 2013. La cena degli involtini di verza e dei regali parigini


Di ritorno da Parigi con piccoli regali, ci vediamo una sera in sei. Per prima cosa, Cake speziato all'arancia accompagnato da speck. Poi Vellutata di zucca con arancia e curcuma. Quindi Involtini di verza con mele e prugne accompagnati da Purè di cavolfiore e verza con lemon grass. Poi il Dolce con mandorle portato da Fiammetta che prova una pasticceria del Pigneto, buono.Il Nebbiolo sarà molto apprezzato.

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Novembre 2011. La cena del polpettone con i pistacchi


Il tempo autunnale fa tornare la voglia di cucinare, e se si perde la gioia dei frutti estivi si può godere dei piatti fumanti. Menu: caldarroste, crostini con brie al tartufo, brodo con le frittatine, tartiflette, polpettone ai pistacchi, tatin di cotogne con frolla al cioccolato. Caldarroste nel nuovo piatto dai lucori ramati, Costini di pane casereccio con brie al profumato tartufo, una ciotola di Brodo allo zenzero con tagliatelle di frittatine, Tartiflette, Polpettone ai pistacchi con crema di pomodoro,
Tatin di mele cotogne con frolla al cioccolato fondente.

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Novembre 2010. Menu dei due baccalà
 

Ho fatto subire agli ospiti la mia scostumatezza. Se l'attenzione mi cade su una tema culinario sono portata a tornarvi presa da voglia di percorrerne diverse vie. Da un paio di settimane la mia fantasia arpeggia: b-a-c-c-a-l-à; sono al quarto modo di cuocerlo, e ho fatto una cena intorno a due piatti di baccalà. Menu: crostini con pecorino spalmabile di Osilo e uva, minestra con baccalà lenticchie e broccolo romano, baccalà alla romana con uvetta prugne pinoli, polenta bianca, insalata spinaci radicchio melograno, torta rovesciata di papaia, crema di mango. Crostini con pane di campagna (lievito madre, forno a legna, pasta compatta, forma a pagnotta), pecorino spalambile di Osilo portato con me dal Salone del Gusto, chicco d'uva bianca.  Minestra di baccalà con lenticchie e cime di broccolo romano, Baccalà alla romana con uvetta, pinoli e prugne, Polenta bianca, Insalata di spinaci, radicchio di Verona (quello piccino, con foglie di bellezza cromatica ineguagliabile, rosso sangue di piccione sopra e verde brillante e tenero sotto) e chicchi di melograno. Con essa, olio d'oliva della Valle di Comino, e a scelta aceto di miele o aceto balasamico. Torta rovesciata con impasto di farina bianca e di grano saraceno, papaia. Crema di mango. Poi un ospite mi ha chiesto un liquore dolce e io mi sono precipitata ad aprire, tra i digusti di Nunchesto, il Rosolio al mandarino dell'abbazia di Casamari.

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Novembre 2010. Una festa a sorpresa nella quale si riesce a far cucinare il festeggiato

 
Pare si tratti del primo caso in cui l'ignaro festeggiato cucina polenta sia bianca che gialla, per quindici, senza che sospetti nulla. La cosa si è avvantaggiata di un complesso di circostanze: in questa casa le riunioni serali di lavoro sono frequenti e sempre accompagnate da cibo; la festa era spacciata per tale, gli andavo dicendo che non c'è nulla di meglio di una polenta fritta o pasticciata del giorno dopo, quindi che non stesse a lesinare; lui pensava che finalmente ero diventata meno micragnosa. Nel frattempo con la scusa che il mercato di Rialto a Venezia è irresitibile, ero tornata con la valigia piena di: Sarde in saor, Baccalà mantecato, morbidissima Sopresa, Lardo di Colonnata, marronata Boschetti (servita a fare la Mousse di marroni) e Polenta bianca, e infine Crema gianduia e Baicoli. Un complotto aveva convogliato verso la tavola vini della più varia squisita specie, scelti da Dolcesca con l'intento di fornire assaggi al festeggiato, che il giorno dopo vagheggiava in particolare del Sagrantino di Montefalco di Antonelli (Inoltre: Rosazzo Ronco delle Acacie, Prieuré Saint Jean de Bébian, Thalassitis Santorini). La medesima aveva cucinato ottimi Funghi porcini, Pomaurea portava un Salame scelto dopo assaggi presso il romano e famoso Volpetti, Cecilia si era dedicata alla trasformazione delle impagabili annurche in squisitissime Frittelle di mele (aprirei il capitolo delle ricette semplici che solo ad alcuni riescono, per motivi che gettano altri in interrogativi tormentosi). Nota: si dimostra che con buoni acquisti e buoni amici si fa una festa per quindici senza cucinare; datevi da fare e tirate piatti e bicchieri fuori dall'armadio.

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Novembre 2010. Da Ida e Alfredo. Cura, attenzione, tradizione, prodigalità.


Esorcismi contro la fame, congiunzione di grazia ligure e emozionalità partenopea, questo offrono Ida e Alfredo quando convocano alla loro tavola. Lei per amor di lui cucina pastiere e pizze con la scarola che lo riportino al Vomero, lui sovrintende perché tutto sia in riga e contribuisce con salsine, la scelta di munifici vini rossi, la preoccupazione costante che si fonde con la tranquilla, ironica sicurezza di lei. Sul tavolo arrivano in corteo i piatti che la sapienza di generazioni, il Talismano della felicità e un giorno di tranquillità hanno permesso alla cuoca di allestire. Menu: Palline di formaggio, Crostini, Petto d'oca con Aceto Balsamico o Maionese, Cetrioli con formaggio molle e pomodorini, Sformato di verdure, Pizza con la scarola, Involtini, Peperoni arrosto, Polenta e salsicce, Panna cotta, Pastiera 

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 Novembre 2010. Thanksgiving! Con ricetta di tacchino
 

Abbiamo deciso che il nostro Thanksgiving era dedicato al buon raccolto dell'olio. Ma a parte questo, i vini erano americani, le cranberries anche, etc. etc. Ovvero c'erano cose un po' stupidine ma molto buonine che tutti fanno (ad esempio parmigiano e cumino fatto a lecca lecca). E un misto di noci e pistacchi caramellati al pepe. Poi quiche ai porri, delicatissima, portata da un'amica. La vellutata di zucca all'arancia (ricetta Cucurbita Serenissima, leggermente modificata, con la buccia di un'arancia in cottura invece del succo, e grani di melograna alla fine): gran successo. E poi una torta di zucca e una di limone (portate da un'ospite), e la mia torta morbida di cioccolato (ricetta di Artemisia) con violette candite (era venuta, per un mio errore, troppo morbida e allora il contenitore che si vede, ma da leccarsi le dita). Menu: Vellutata di zucca all'arancia con grani di melograno, Tacchino, Patate cotte nella cenere, Crème fraîche, Cipolline in agrodolce, Salsa di cranberries, Lecca lecca di parmigiano e cumino, Noci e pistacchi caramellati al pepe, Torta di zucca, Torta al limone, Torta morbida di cioccolato con violette candite. I vini magnifici della cantina di Amedeo li vedete nella foto. Tutti sono partiti con confezioni di avanzi di tacchino e me ne resta per sbizzarrirmi. Negli USA oggi mangiano appunto deliziosi sandwhiches con tacchino e salsa cranberries.

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Novembre 2010. Un menu per un baccalà rinascimentale
 

Quando faccio un menu, i piatti arrivano uno dopo l'altro attirati da simpatie reciproche e si assemblano fino a quando non dico basta così. Non saprei dire se è arrivato prima il baccalà alla cappuccina, antico, medioevale, speziato, sontuoso, di densità aromatica tale da dover essere servito a piccoli bocconi, o la morbida polenta bianca portata da Venezia, di cui sto molto apprezzando le qualità. Forse sono arrivati insieme e subito hanno convocato la fondente soppressa veneta pure del mio bottino veneziano, il lardo di Colonnata, un baccalà mantecato, un' insalata di radicchio tardivo di Treviso. Ci è voluto appena un po' perché venisse alla mente la terrina di polpo alla Luciana con cui iniziare e qualche tempo in più (oscillavo tra zucca e sedano) per la crema di sedano rapa con bottarga di muggine e pecorino romano. A Cornucopio, che era tra gli invitati, ho chiesto i pomodorini fondenti di cui avevo nostalgia. Nunchesto si era scatenato sui formaggi, quindi c'erano un reblochon, un camembert fermier, un selle sur cher, un affidelice au chablis, uno chevre di cui non c'è verso che mi torni il nome, e un piccolo formaggio di pecora di un produttore sardo, Caseificio della Nurra, che ha appreso dai francesi ad affinare i formaggi (con i vini, con la paglia - il nostro si chiama la pagliosa - con le foglie di verza, e a farli cremosi e piccini) che mi sono portata dietro da Torino, Salone del Gusto. Poi una creme brulée al cioccolato bianco e vaniglia di cui sono soddisfattissima perché ho portato varianti che l'hanno resa infine buona come volevo (si ribadisce che ogni tanto rifare un piatto è opportuno). Quanto ai vini, date un'occhiata alle etichette; io ho assaggiato il Borgogna il giorno dopo è mi è piaciuto assai. Menu: Baccalà alla cappuccina, Polenta bianca, Soppressa veneta, Lardo di Colonnata, Baccalà mantecato, Insalata di radicchio tardivo di Treviso, Terrina di polpo alla Luciana, Crema di sedano rapa con bottarga di muggine e pecorino romano, Pomodorini fondenti, Plateau de fromages, Creme brulée al cioccolato bianco e vaniglia. Sancerre, Gevrey-Chambertin.

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 Novembre 2009. La cena dello spezzatino d'agnello turco con le verdure invernali 


Ma anche del piatto buttato: c'erano Cipolle stufate sotto sale, farcite di fonduta di fontina e tartufo, volate nel secchio: erano salate. Il resto ci salvò:  Mousse di spinaciSpezzatino d’agnello turco con le verdure invernali, Riso iraniano con le erbePan di fuoco con cioccolato e peperoncino,  Crema di pere al cioccolato bianco. Vulcaia Fume' Sauvignon 2007 Inama, Amarone della Valpolicella Senza Titolo 2000 Musella
 
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Novembre 2009. Un buffet esagerato

 
Eravamo in venti e c’era cibo per quaranta. Mi sono ricreduta. Non solo non ho più niente contro i buffet, ma non me la prendo nemmeno con quelli esagerati. Ho avuto da ridire su questo cibo supposto solo scomodo e disordinato, minacciosamente superiore alle mie forze degustative. Ma questa volta la ciambella è riuscita col buco: l’abbondanza era bella, ben pensata, ben cucinata, ben riuscita, ben allestita. Faceva festa. È stato un piacere vedere il gruppo che al mattino organizzava un convegno ricomporsi alla sera per altra danza e portare chi una cosa e chi un’altra. Tutte belle, tutte buone, nell’accogliente casa romana di Dolcesca e Marco prodiga di spazi, stoviglie e ospitalità.
Dolcesca che traffica con il tonno su cui verserà l'arancia, facendo volteggiare coltelli di allarmante affilatura, mentre cova le lasagne alla zucca che mandano bagliori arancioni dal forno dove acconci spintoni infilano anche la zuppa di agnello che Nunchesto allestisce impilando con concentrata attenzione carasau e pecorino, avviluppato fino ai piedi da un bianco grembiule che fu di famoso chef, dato a Dolcesca con benedizioni alla fine di uno stage; quella della nostra cuoca è cucina professionale, e la mirabile macchina risplende portando immantinete a bollore l’acqua della polenta, la cui pesante e fumante massa gialla verrà rovesciata in uno splendido vassoio indiano di marmo, nato per abbeverare uccelletti in giardini esotici; io scelgo ciotole cinesi in cui versare il baccalà mantecato, spolvero zucchero a velo su una torta cui dò faccia vispa, ne piazzo un’altra su un vassoio che mi prendo lo sfizio di scegliere tra molti, scaldo lo stracotto provenzale col batticuore che il liquido non basti e lo infilo in una zuppiera circondato di fette d’arancia; sul fornello il puré di mele si scalda tra molti vapori nel rilucente cestello indiano; arrivano Cecilia e Paola, l'una con calabresi alici imbottite perfette come un mosaico cosmatesco e fiori di zucchina, tutto amorosamente avvolto in molteplici cartocci imprigionanti calore, l’altra con pugliesi pucce, quella alla vampa che ricorda il pane arabo e quelle in cui nereggiano olive, e insieme un cestello di rossi pomodorini spaccati e l’insalata di indivia e melograno che portano freschezza; suona il campanello, ecco Valentina con la torta di carciofi per la cui pasta, fatta per la prima volta con ricotta e farina, trepida; ecco Fiorella con le palline di formaggio sulla cui tenuta si è affaccendata in ansia per metà pomeriggio; poi tutte insieme con Viviana e Sabrina trafficano sul terrazzo con uva, fichi d’india, mango, avocado, provandoli ora in una coppa ora in un’altra tra estetiche considerazioni. Più tardi arriveranno la polpa di cachi al rum e la chantilly di Polsonetta, e una valanga di biscotti e dolcetti. Sul tavolo: Polenta e Baccalà mantecato con erbette; Torta di carciofi; Palline di caprino con dentro un chicco d’uva; Alici imbottite e fritte alla moda calabra; Fiori di zucchina fritti; Puccia alla vampa con dadolata di pomodorini e Puccia con le olive (pani pugliesi); Insalata di indivia belga, chicchi di melograno e nocciole tostate; Lasagne con la zucca; Zuppa sarda di agnello e finocchiella; Daube provenzale con Puré di mele; Ratatouille di tonno all'arancia con le verdure; Torta con cioccolato, nocciole e cedro candito; Crostata di marmellata di arance con riccioli di cioccolato; Crema pasticcera con panna montata, in Italia chiamata Chantilly; Polpa di cachi al rum; Dolcetti di castagne da Bolzano; Amaretti morbidi liguri; Dolcetti calabresi; Dolci con le mandorle; Piccola pasticceria dalla famosa pasticceria romana Cristalli di zucchero; Fichi d’India, uva, melograni, mango e avocado.

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 Novembre 2009. Uno spuntino con melograni, cachi, porcini e un San Martino veneziano
 

Fedeli al principio che se si lavora di sera ci si consola, abbiamo allestito uno spuntino con un flan di zucca e porcini, dei budini di pera con crema di cachi, dei datteri freschi, un piatto di melograni sgranati, e un San Martino di pasta frolla decorato di confetti che arrivava dritto da Venezia, dove ogni pasticceria, in attesa della festa dell’undici novembre, rigurgitava del dolce Santo ora di biscotto, ora di cotognata, sempre adorno di zucchero filato e cioccolatini.

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Novembre 2009. Evviva il cus cus alla trapanese
 
 
Uno dei piatti più buoni che abbia mai mangiato in vita mia? Il cus cus alla trapanese, senza dubbio. Liho mangiato in una casa dove era stato fatto con la cura di un sacro rito e sull'onda lunga di una tradizione familiare, che ancora portava fino a noi i ricordi di una nonna che mentre incocciava la semola lavorandola con le mani che profumavano, nel ricordo del nipote dai capelli bianchi che la commemorava, di spezie e di erbe, andava cantando non so cosa come una sciamana, incantando per sempre il piccolino. Come si faccia, un po' varia con le tradizioni di casa, un po' lo trovate in giro su web. Ho provato a famelo dire, vi riassumo: un profumatissimo, intensissimo brodo di pesce, servito senza polpa alcuna, che si ricava dal sacrificio di non so quanti pinnuti, poi abbandonati sul fondo della pentola, mentre solo alcune polpe nobili e certi incrementi di cozze, totani, seppie, cicale, e quanto vi pare, che si cuociono a parte al meglio dell'arte loro, vengono serviti con la semola, che ha cotto sul vapore del detto ricco brodo. Ovviamente anche la sola semola cotta nel brodo è già bellissimo piatto, ma poi si fa e strafà aggiungendo questo e quello. Pare che quando si diffonde la voce che uno fa il cus cus, si assembrino folle, chi arriva con un pretesto, chi con un altro, e difatti quello ammannito quella sera era bastevole per parecchi; così grazie a Dio ne ho avuta una mappatella, e le ultime foto sono dei santissimai avanzi che abbiamo mangiato, magnifici, il giorno dopo. Prima del Cus Cus alla trapanese furono serviti indovinati antipasti: Pomodori secchi, una fetta di Melanzana con mozzarella e pomodoro passata in forno; dopo certi Dolcetti con la ricotta pure trapanesi. Tutto ottimo, ma tutto un po' evanescente, sullo sfondo dello splendore del cus cus.

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Novembre 2008. Una cena intorno a una pentola fumante e tre vini
 

Per una volta tanto, iniziamo dalle scelte di Nunchesto: uno Champagne per l’amuse bouche e la sete iniziale provocata dal caldo novembre, poi un Borgogna Côte de Beaune del 2000 che teneva da parte da otto anni, il Savigny Les Baunes Les Lavières Premier Cru del Domaine Chandon de Briailes che vinifica con una alta percentuale di grappoli interi, da non consumare giovane; questo vino ha aromi e corpo intensi. Subito dopo un altro denso rosso italiano, il Valpolicella Classico Superiore Quintarelli 1999, perché gli ospiti comparassero. Si tratta di un vino vellutato, quasi cremoso, dagli aromi di frutta rossa. Ha riscosso più successo quest'ultimo. Sorpresa! Questa volta un’ospite è arrivata armata di macchina fotografica, e il tiro è stato incrociato. E per celebrare il primo novembre, tovaglie africane, piatti ottocenteschi, e poi francesi, egiziani, giapponesi e una candela verde e spinosa. Menu: Crostini di Castelmagno in crema con cipolle di Tropea caramellate, quelli del Laurent-Perrier; Tajin di pollo al limone; Riso basmati pilaf con un misto totale di spezie (Artemisia ne ha mescolate di ogni tipo, ma proprio di ogni tipo, e le ha frullate insieme per aromatizzare il brodo vegetale del pilaf); Purè di sedano rapa; Piccole charlotte di mele al cioccolato con marmellata di arance e rum.

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Novembre 2008. Tutti intorno a una polenta con il gulash: chiacchiere e ricordi.


Per sei amici che hanno passato insieme la giornata, una Polenta con il gulash, un’Insalata condita con l’aceto aromatico, dell’ottimo Canestrato romano, una torta di mele calda: Torta di mele caramellata, del Gelato di crema, della Papaia candita, un Castello di Uzzano, Caffé, Tisane. Quanto a Pepe, riceve il suo biscotto. Andreina ha preparato gulasch e polenta, le altre cose sono arrivate alla spicciolata; la torta, fatta da me, giunta ancora fiammeggiante nella sua teglia, ha potuto per ciò congiungersi con il gelato alla crema ancora tiepida. Si trattava di una cena velocemente allestita, dove un dolce donato e preavvisato si è congiunto felicemente con il resto e il suo stile domestico e caldo ben si combinava, mi pare, con tutta la serata e con la polenta con il gulasch. Avevo provveduto a portare anche il gelato alla crema, e il breve tragitto da casa a casa ha permesso che uscendo la torta dal forno alle 20,00, arrivasse calda alle 20,10, fortuna che non capita spesso. La ricerca di un piatto dove deporla ha aperto a confronti sui piatti da torta, che io andavo discettando dover assolutamente essere del tutto senza bordi, mentre Andreina mi guardava paziente e scettica su tanto ardore messo in tale minuzia; questo chiacchiericcio ha incluso pure un certo cercare nelle credenze, ritrovandovi un bel piatto bianco lasciato da qualche precedente portatrice di torta che lo aveva dimenticato, piatto del quale ho perorato le virtù, mentre Andreina continuava a portare pazienza. Tuttavia la torta era già calata senza fare tante storie entro un piatto con bordi rilevati senza scomporsi, e lì è stata lasciata a farsi tranquillamente affettare da una paletta dentata di cui tutti abbiamo ammirato la mirabile potenza tagliente. Chiacchiere e ricerche erano in tono con una cena molto rilassata e non hanno affannato la padrona di casa, anzi ci siamo alquanto divertite a rievocare storie di pentole e stoviglie intrecciate con matrimoni e vicende del passato.

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Novembre 2008. A cena da Lucia, dove si va così volentieri
 

Lucia non ama cucinare. Tanto più apprezzo le sue cene, perché nascono dal piacere di ricevere, di avere con sé le persone a cui tiene, di tenere le fila dei rapporti; cosa in cui è bravissima. Ricevere è più importante di cucinare. Occuparsi degli amici, consolarli, metterli insieme intorno a un tavolo curato, pensare un affettuoso menu.
In piena consonanza con questi intenti, arriva in tavola una molto fumante zuppiera. Da quanto tempo non vedete una zuppiera? Decenni? Secoli? Andrà fatto un elogio della zuppiera, della sua funzione rituale, rotonda, profonda, di generosità calda dalla quale attingere. Codesta zuppiera era prodiga di una minestra di funghi porcini che Lucia diceva essere rumena. Un certo aroma setoso e parecchio profumato sprigionato dal piatto l’ha portata a confessarci che insieme ai funghi aveva sobbollito, quatto quatto, uno zampetto di maiale. Fremiti di trasgressivo piacere negli astanti, non del tutto vittime dell’attuale fisima che ogni grasso animale è peccato mortale, ma in ogni caso non adusi a mangiar sovente zampetti. Ottima. Bisognerà riflettere sul contributo degli zampetti alle zuppe. Sono arrivati poi due gran piatti con una faraona arrostita, dei carciofi magnificamente cotti (fondenti, senza la minima foglia ostica), della polenta a quadretti pure morbidamente arrostita. La faraona era stata avvolta nella pancetta e cotta prima mezz’ora coperta di carta alluminio, poi quaranta minuti scoperta (esattamente come deve). Quindi verdure gratinate, zucchine e pomodori. Poi pere cotte nel vino, accompagnate da una fresca ricotta semplicemente montata, e degli spicchi di clementine insieme a scorzette di arancia candite e immerse nel cioccolato (geniale). I vini erano veronesi, compreso un pregiato Recioto che ha accompagnato i dolci; ma c’era anche, nel decanter, un formidabile, per gradazione, vino pugliese che aveva una certa aura della memoria: veniva dalla terra di uno dei convitati. Menu: Zuppa rumena di porcini e zampetto; Faraona al cartoccio, Polenta arrostita, Carciofi fondenti; Zucchine e pomodori gratinati; Pere cotte e ricotta; Spicchi di clementine e scorzette d'arancia al cioccolato.

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Novembre 2008. A cena dai Trigli, un pic nic in poltrone di velluto
 
 
Leccardo Adriatico e Triglione Nebbioso si producono in cucina nella casa di Leccardo. Si fa un piacevolissimo pic nic in poltrone di velluto, e Cornucopio Canturino si propone come fautore appassionato di tale modo conviviale. Soffici poltrone e cibi acconci presi con le dita. Deve aver avuto antenati presso la Sublime Porta.
Come amuse bouche c’erano gli alchemici Dip di Triglione, che sempre si produce in misture impreviste di cui ricorda gli ingredienti con la faccia innocente e divagante di chi li ha mescolati forse in sogno, aggiungendone, man mano che ricorda, di nuovi. Qui pare ci fossero patate lesse, crema di acciughe, peperoni sott’aceto, pomodori secchi… Ottimo intruglio finito fino all’ultima goccia. Poi il buon Salmone marinato con arancia e melagrana di Leccardo. Quindi delle affettuose Lasagne con il sugo di cinghiale – che bello poterne mangiare in pace, in barba al cibo destutturato - che venivano da Capalbio, lì confezionate da una cuoca rosticciera locale consolazione di Trigli. A seguire dei Carciofi alla romana ottimissimamente cucinati dal Leccardo, fondenti e saportiti. Cottura: capovolti, stretti tra loro, qualche spicchio d’aglio vestito e un po’ di prezzemolo, un dito d’olio sul fondo della pentola, fuoco vivace all’inizio e molto basso per lungo tempo in seguito, coperti. Poi la Crostata di ricotta, pere caramellate e zenzero di Artemisia e un vassoio di Cioccolatini SAID portati da Cornucopio e Polsonetta Aprutina. Altro dono il rosso Buio, che ha seguito un Gewurztraminer.

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Novembre 2008. A cena nella casa nuova
 

Bello abitare un grande appartamento con vista su ciò che resta di una campagna romana con prati, pini, acquedotti e tintinnar di pecore, bella l’idea di una corsa in bicicletta sull’Appia Antica, ma mannaggia quell’avanti e indietro fino al centro ogni giorno.
Così la famiglia impacchetta tutto e cambia casa, approdando con un certo sconcerto felice in un mondo dove a piazza di Spagna ci arrivi a piedi in venti minuti, e Villa Borghese è a un passo. Cerca cerca, tra agguati e avventure nel periglioso mondo immobiliare romano, per ora l’approdo è in una assai bella casa dell’inizio del secolo scorso opportunamente non troppo lisciata da rinnovamenti, per cui qualcosa può anche cadervi in mano da un momento all’altro, come la porta del forno che è stata bloccata per la cena che incombeva con un manico di scopa, ma che in vantaggioso compenso promette fantasmi, accessorio che per quanto mi concerne considero indispensabile in ogni casa di un certo fascino. Quando sono andata via e ho alzato lo sguardo verso l’alta facciata arricchita da elementi classici, colonne, archi, timpani, resa corrusca dal temporale incombente e ombreggiata dai mobili rami di vicini alberi mossi dal vento, ho pensato che senz’altro fantasmi ce ne devono essere, basterà aspettare.
Per l’intanto i pavimenti rilucono di un bel legno color miele elegantemente bordato di nero e gli interni fervono della vita vivace della famiglia approdata, che subito si è messa a usare di buzzo buono una stanza che ritengo un vero privilegio e alla quale si dovranno dedicare commenti a parte: la sala da pranzo. Quella stanza che stringe le quattro pareti intorno a un tavolo, dedicata ad esso, e che circonda uno dei più bei mobili mai inventati, il tavolo appunto, con un abbraccio protettivo ed esclusivo che rende per tutta la durata di una cena i commensali partecipi di un mondo inventato per loro. Eccoci quindi intorno a un tavolo che già luccica di un’aria natalizia, e che con colori dorati e fiammelle rende prezioso il temporale con cui siamo arrivati e la pioggia battente che infilandosi sotto la cupola dell’ombrello sotto forma di goccioline vaporizzate ci ha bagnato la punta del naso.
E' in azione un cuoco, la sua donna dichiara estraneità dalla cucina. Ciò realizza un rapporto tra i due che raggiunge gradi di intensità luminosa da riempire la stanza; non so un accidenti su come si creino i fulmini, ma stava per crearsene uno, anzi penso che uno ce ne sia stato, di tipo particolare, senza un netto scoppio, ma di quelli che strisciano avvolgenti e frizzanti su gomiti e orecchie, baluginano negli occhi e vanno morbidamente a smorzarsi negli specchi (di cui la stanza era ricca).
Succede che mentre viene dichiarata una diversità di competenze lietamente accettata, si coglie come insieme a questa ci siano confini fermamente presidiati, intorno ai quali si svolge una lotta concorde che nessuno dei due intende vincere e risolvere, ma che ci si diverte a rinnovare con sempre nuovi espedienti. Così la moglie sbuccia patate e pulisce cozze come un ubbidiente sguattero, ma nello sguardo le sbrilluccica l'ironia di chi non solo gusta manicaretti, ma anche sorride delle inesauribili fantasie gastronomiche dell’affaccendato maître ed è pronto a fare interventi da spirito folletto che punteggino di sorprese le ordinate procedure della tavola.
Quanto al maître, sembra dedito al pesce e il menu segue questa traccia: pesci affumicati a acciughe marinate, rigatoni con ragù di pesce (ottimo, piccantino, gamberi, polpo, seppie, salmone, spigola), orata al forno. Sull’orata al forno ecco una divagazione incoraggiata dai commenti del cuoco, che non cessava di criticare le supposte imperfezioni di ciò che ci ammanniva (in realtà, sul ragù non ha fiatato): il pesce – grande – non era cotto a suo avviso a puntino in ogni sua polpa. Forse un pesce così grande, stavo per dire, andrebbe sfilettato: le differenze di spessore rendono una perfetta cottura di ogni parte quasi impossibile. Ma ho tenuto la bocca chiusa; credo avrebbe fatto l’effetto di uno che mentre si sacrificava un toro intero sull’ara di Giove, proponesse che si arrostissero bistecche. Alla forma intera del pesce, portata in tavola in trofeo come un omaggio rituale, è difficile rinunciare.
Il maître ama fare la spesa, virtù indispensabile di un gourment, e non contano per lui distanze o tempo che al compito è necessario dedicare. Il pesce non veniva da Roma, ma dal litorale laziale, da una certa bottega in cui lo sanno anche marinare, che garantisce pescate perfette; il dolce da un certa pasticceria che si trova all’altro capo della città, ma che importa. Ci racconta di come quando è al mare, si guardi bene da sciocchezze come fare il bagno, e di come passi il tempo tra i banchi del mercato a intrecciare fitti rapporti con chi lo rifornirà di prelibatezze. Se penso a quando lo abbiamo conosciuto, anni fa, una delle prime immagini che ricordo è quella di un vassoio di paste delle quali sia la crema che la frolla erano ottime, prese non so più dove e portate sulla sella della moto fino al luogo in cui ci dovevamo incontrare, non importa se scapigliate e ammaccate ma salve nell’essenziale delle perfette bontà e freschezza e che permisero di accompagnare una certa riunione di lavoro con leccate di baffi. La passione per la spesa del cuoco veniva accompagnata da incursioni della sposa-folletto che commentava in sottofondo, sempre con aria di innocenza ironica: fare la spesa è una cosa che odio! Un vero incubo!
La cena si è conclusa tra molte risate e con un tiramisù di Pompi, che ho scoperto essere una gloria romana che ha suscitato ricordi in tutta la tavola e mi ha confermato che non so nulla di questa città. Si dice, da parte di esperti, che a Roma sia il migliore e che i golosi fanno la fila senza lamentarsi per avere un dolce gonfio, morbido, dolce ma non troppo, ricco di cacao e scaglie cioccolato. C’è anche un tiramisù alle fragole che turba gli animi e suscita dibattiti, e a complicare le cose ne è arrivato uno alla banana e cioccolato, ma la tavola alla quale l’ho mangiato non aveva dubbi: il tradizionale è il preferibile e l’ottimo. Concludo citando un’insalata di mango, pompelmo e kiwi ed evocando vini con le foto; l’ alsaziano era un Gewürztraminer. Menu: Pesci affumicati, Acciughe marinate, Rigatoni con ragù di pesce, Orata al forno, Tiramisù di Pompi, Insalata di mango, pompelmo e kiwi

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Novembre 2006. Napoli sa ospitare
 
 
Paolo è la nostra guida, non c'è una migliore - occhio attento, conoscenza profonda e amorosa del vicolo come del palazzo o del museo che più bello non c'è, l'Archeologico; non ci risparmiamo. Più tardi ai fornelli incontriamo il serio, dedito, studioso Saporoso Cretese, che non è venuto a perder tempo con noi; aveva da studiare, appunto, ma anche da fare la spesa. Ci dà un amuse bouche che non aveva previsto. Ha comperato un gran pesce che imprevedibilmente, dopo che lo ha guardato e soppesato in cucina, da secondo piatto è diventato antipasto: tagliato a listerelle, buttato in uovo e pangrattato e fritto: una meraviglia, ovviamente. Seguono della pasta con la bottarga, e dei gamberoni con aceto balsamico e avocado. Una sorridente signora ospite è l'autrice di una Pastiera davvero ottima, che affianca il sempre sontuoso Babà (come potevano mancare e l'una, e l'altro?). Menu: Pesce fritto; Pasta con la bottarga e il limone; Gamberoni con aceto balsamico e avocado; Pastiera; Babà.

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Novembre 2004. Amici veneziani a Roma


Ci sono i Daini, conosciamo Marco e Silvia, c'è una folla di veneziani nella casa romana; sembra che manchi l'acqua, e al tempo stesso pensi che affacciandoti potresti vedere che il Tevere per l'occasione si è spinto a sciabordare sotto casa (cosa che credo abbia fatto, talvolta). Almeno non mancano i gabbiani reali a unire i due cieli; non da sempre sono qui a Roma, sappiatelo; ricordo come molti anni fa mi colpirono quando li incontrai in massa, come inedite belve cittadine, nei cieli di Edinburgo, sorprendenti nel loro abbaiare, nel rapido possente volo. Menu: Farinata di zucca come amouse bouche tiepido accompagnato da Champagne;  Terrina di polpo alla Luciana; Tatin di salmone e lattuga; Crema bicolore di cavolo e radicchio; Presnitz di Cucurbita, Crema di cioccolato di Jamie Oliver. 

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Novembre 2004. La cena dei molti pani

 
Che mi venisse in mente di mettere in tavola tre pagnotte, dei panini, una zuppa con il pane carasau mi suona, a distanza di tempo, bizzarro, mi stupisco da me; credo mi giustificassi dicendo che con dei Formaggi - non resta traccia di cosa fossero, confido fossero vari - e del Salame è bello assaggiare più pani; la verità indubbia era che li andavo sperimentando. Menu: Tatin di carciofi, Tatin di cipolle; quindi Pane giallo con finocchio (eletto a compagno del salame), Pane di kamut al pepe rosa, Pane con le prugne, Pane con miele e noci. Piccolissima Zuppetta con carasau, brodo d'agnello, pecorino e finocchiella messa nei tegamini del Saint Felicien e dorata in forno. Gli amici Trigli hanno portato un ricco Gelato da Orbetello.

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 Novembre 2003.  La cena degli innamorati imprevisti



Anni fa mi dedicai alla faraona, attratta dal suo vestito di piume nere punteggiate di bianco, una bellezza, e dalla faccia da pazza. E infine sì, anche dal suo gusto, dalla carne sapida che ammorbidita da cartocci, vestarelle di grasso, frutta, rende così bene. AAA per ciò alla faraona dedica una monografia. Recupero una cena costruita intorno a lei quando avevo finalmente capito come andava trattata. Gli invitati erano una nuova coppia: un amico orso che non avresti mai pensato avesse cuore di tenersi una compagna, invece eccolo che ne ha una, non solo tutta nuova, ma che durerà felicemente negli anni, ed è quasi il doppio - in bellezza e grandezza - di lui. Che consolazione in un'epoca dove finito l'obbligo di sposarsi, sembra che nessuno sia più capace di apprezzare nessuno tanto da tenerselo accanto con gioia. Quindi: Faraona al cartoccio con composta di mele e cipolle; Tatin di indivia belga brasata; Crema di zucca con radicchio tardivo di Treviso; Crema di cachi al rum ghiacciata, crema di cioccolato al peperoncino bollente.


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Novembre 2003. La cena delle meraviglie: una terrina di verza diventa blu, un soufflé esplode. 

Con alcuni piatti vado sul sicuro: rifaccio la Tatin di cipolle rosse che sembra un mazzo di rose, e so che la Crema di zucca e radicchio tardivo verrà certo bene. Quanto alla Terrine auvergnate con verza, maiale e prugne, anche quella la rifaccio, perché finalmente riesca come voglio: l'ho provata un paio di volte e mi avvicino alla meta usando una verza a forma di rosa che cruda è rossa e verde, ma cotta - meraviglia! - diventa di un intenso blu; ho gli occhi fuori della testa, haimé non troverò mai più tal verza magica. Insieme, della Verza rossa stufata. Pane integrale maison. Infine insisto con un Soufflé di Lucas Carton che mi è esploso nel forno già una volta ed esploderà anche questa; provo un certo divertimento a sfidarlo, tutto il tavolo partecipa; copro le crepe con delle ciliegie sciroppate. Insieme, una più tranquilla Crema di cachi ghiacciata con crema di cioccolato bollente.

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Novembre 2002. Le Damine Sfigatine e un menu di pesce. 
 
Recupero vecchi menu. AAA è un blog di cibo che si mangia in convivialità, di menu viventi; pubblica gli attuali e recupera i passati; ne approfitto per mettere ordine nelle ricette e avere un pericoloso pullular di idee. Ne trovo uno di pesce e lo affido alle Damine Sfigatine. Arte' si è fatta prendere la mano, le ha disegnate su un foglio troppo grande: nello scanner di casa perdevano o il cappello, o le scarpe.  Portate fuori hanno trovato uno scanner adatto, ma chi lo guidava andava di fretta, e hanno perso gran parte dei loro delicati colori. Dopo queste disavventure, hanno però conquistato un Cognome, cosa che pochi disegni vantano. Menu: Gnocchi di zucca con arancia e semi di papavero; Gamberoni avvolti nella pancetta e fritti, accompagnati da spicchi di carciofo pure fritti; Terrina di arzilla, salmone e broccolo romanesco; per finire, un inopinato Ciambellone cioccolato e nocciole molto "vecchie zie" (Arsenico e vecchi merletti, Guido Gozzano, le anziane signorine di Karen Blixen: arriva una folla ad appropriarsi del ciambellone, per altro intonato alle Sfigatine). Accompagnato da Marmellata di zucca e cardamomo. 

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Novembre 2002. La cena della terrina di broccoli e prosciutto al forno, detta anche Terrine de jambon aux brocolis
 


Un menu di anni fa, di cui ho recuperato sequenza e piatti; un'occasione d'oro per Arte', che in assenza di foto disegna, sempre più si disfa di verosimiglianze, e ne approfitta per delirare commensali; la lascio fare: mi costa solo un po' di matite, che consuma furiosamente. Quanto alle foto, ne mescolo di vecchie - diciamo d'epoca - e di nuove: la terrina è stata rifatta di recente, in dimensione ridotta; quella servita all'epoca era grande il doppio. Menu: Zuppette chioggiotte di zucca, gamberi e baccalà; Terrine de jambon aux brocolis, Terrina di broccoletti e prosciutto; Purè di verza (broccoli freddi e verza calda fanno un dialogo in famiglia); Crema di cachi ghiacciata con cioccolato bollente al peperoncino

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Novembre 2001. Una cena esagerata con una mousse di cioccolato dimenticata
 

Dagli appunti risorge una cena. Vedo un menu esagerato e recupero una mousse di cioccolato fatta tante volte, che da anni non compare più; anzi, l'avevo quasi dimenticata! Avevo anche dimenticato questi tramezzini, e quel gingerbread. Reincontro tutti con piacere. Ad Artè disegnando appaiono fantasmi...lascio fare. Menu: Alici in saor con chicchi di melograno; Chicchi d'uva nel formaggio di capra,  ovvero bouchée au fromages, Tramezzini arancio e tartufo, Crema di zucca gratinata, Terrina di carote con il carvi, Coniglio alla piemontese portato da Pomaurea, Mousse di cioccolata all'arancia, Crema di pompelmo, Gingerbread.

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Novembre 2001. Un incontro autunnale con spuntature e polenta
 
Menu: Mousse di zucca al limone, Alici in saor, alle quali in onore della stagione si aggiunsero succo e grani di melograno, che occhieggiavano piacevolmente rosso fuoco sul porpora scuro delle cipolle. Poi Spuntature con la polenta e per finire na Torta di mele tiepida, alla cannella, con affiancati Gelato di crema e Composta di pere al cioccolato.

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Novembre 1990. Un menu con due piatti che meritano di essere ricordati


Il primo che merita memoria: Millefoglie di pasta all'uovo del Talismano, dove dischi di pasta sfoglia si sovrappongono su strati di farcia a base di fattaglie; venne buonissimo, soave, antico. Nei pressi di Campo dei Fiori all'epoca - adesso come pare strano - c'era un negozio che vendeva frattaglie, e gli animali, cosa inaudita, di frattaglie ne avevano ancora. Oltre a uova non nate, pagliata, fegatini, ci metto due avanzi: tacchino e spuntature, entrambi macinati, con bell'effetto di crema. Sarebbe per 12, ma ce lo mangiamo in sette. Poi il secondo piatto da rifare: Coniglio con arancia e pinoli, in casseruola, Francia campestre, buono assai. Menu: Mattonelle di tramezzini, Millefoglie di pasta all'uovo, Coniglio con arancia e pinoli, Patate fritte, Broccoli ripassati, Strudel di mele. Chianti classico Mazzei, Brachetto.

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Novembre 1989. La tovaglia di fiandra
 

Metto la tovaglia di fiandra con le iniziali art deco di mia madre, piango la perdita di una forchettina (quelle posate, un po' spaiate, le comperammo insieme io e lei - me le regalava - da due fratelli napoletani che disfavano la casa di famiglia, e a me, raccoglitrice di conchiglie, quanto piaceva che fossero spaiate), apparecchio per quattro ospiti: due coppie allora a noi vicine che non sapevamo si conoscessero, ma si conoscevano, e i rapporti filarono abbastanza. Stavo imparando a non mettere sul tavolo catini di cose, ma piccole portate, anche numerose, di cui davo piccole porzioni. Dovrò recuperare l'anticonformismo che mi faceva unire una zuppetta molto contadina e un piatto elaborato come il porc au caramel. Menu: Funghi gratinati al radicchio tardivo, Zuppa di indivia, Maiale caramellato all'arancia o porc au caramel, Sedano di Verona gratinato, Puré di mele, Insalata di indivia belga con radicchio, parmigiano, salame, mela, noci, vinaigrette con senape di Digione; Sacher di Valzani, un pasticcere trasteverino di rustica bontà. Tra i vini, ha preso nota di un Dolcetto Giordano.


2 commenti:

la belle auberge ha detto...

Non e' possibile: l'occhio ha catturato gli stessi piatti da dessert che ho anch'io, quelli di Anthropologie (prima foto). Li ho tutti e sei. Sono deliziata da questa circostanza.

artemisia comina ha detto...


:) :) :)

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